Acabnews Bologna

”La scuola dell’infanzia è gratuita”,
così il Comune ci tira sopra un tratto di penna

Palazzo D’Accursio trasforma la tariffa della refezione in tariffa (obbligatoria) di frequenza. “No” di Usb e Sgb, che riapre anche la vertenza nidi mentre continua la mobilitazione di Cobas, Coordinamento precari/ie e Usb sul Fit.

01 Dicembre 2017 - 21:03

Dalla Carta dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia comunali di Bologna sparirà la frase “la frequenza alla
scuola dell’infanzia è gratuita”. E’ la conseguenza del fatto che la Giunta ha deciso di modificare il sistema tariffario delle materne: si trasforma la natura della tariffa della refezione, che diventa una tariffa di frequenza, ossia un contributo alla copertura del costo complessivo di gestione della scuola. Una tariffa sostanzialmente obbligatoria, che dovrà essere pagata anche se una famiglia dovesse eventualmente decidere di non usufruire della mensa (salvo casi particolari per i quali l’amministrazione si riserva la possibilità di concedere delle deroghe). Il motivo? A detta dell’assessore alla Scuola, Marilena Pillati, “il cambiamento che proponiamo è quello di stabilire in modo definitivo che la refezione scolastica, da sempre parte integrante del progetto educativo, nella scuola d’infanzia comunale non è più un servizio accessorio”. L’assessore non lascia molto spazio alla possibilità di approcci diversi: “Se non volete la mensa, andate nella scuola statale”. Pillati assicura anche che per le famiglie dal punto di vista economico non ci saranno cambiamenti, perchè la nuova tariffa di frequenza sarà calcolata in modo equivalente all’attuale tariffa della refezione. Intanto, però, il principio secondo cui “la frequenza alla scuola dell’infanzia è gratuita” viene cancellato. E come si fa a non temere che, se non oggi, magari un domani questo non avrà aperto la strada ad una tassa d’iscrizione in piena regola, al di là del tema refezione?

Una risposta, si fa per dire, è arrivata dal sindaco Virginio Merola. E non è particolarmente rassicurante, visti i tempi che corrono e il riferimento tirato fuori dal primo cittadino: “Il futuro è nelle nostre mani, non nei ‘se’. Qui non si tradisce alcun principio, non si prefigura una tassa di iscrizione, perche’ si chiama tariffa di frequenza, e se un domani governa l’estrema destra, francamente non credo sia un problema che io mi debba porre oggi. Anche perche’ domani governera’ il centrosinistra”. Rispetto alla decisione in sè, Merola la definisce una “scelta ragionevole che ci fa risparmiare sulle tasse inutili degli stessi cittadini”. Questo perchè, spiega il sindaco, in questo modo si eviterà di pagare l’Irap per 1,3 milioni: risparmio che Merola promette di voler investire per dimezzare le tariffe dei nidi.

Sulla vicenda, questa la posizione di Usb: “È di questi giorni l’approvazione di una delibera con la quale si vorrebbe introdurre una ‘tariffa di frequenza’. Come dice lo stesso sindaco Merola, è una tariffa che comprenderà il costo della mensa, a prescindere se il servizio verrà realmente fruito, e le spese di gestione della scuola. Insomma Palazzo D’Accursio, a tutti gli effetti, sta provando a smantellare il diritto dei cittadini bolognesi alla scuola dell’infanzia gratuita e per tutti. Oltre al danno per le famiglie, la demolizione del principio di gratuità del servizio scolastico potrebbe determinare in futuro ulteriori rincari e aumenti. Ricordiamo che i cittadini già pagano con le proprie tasse i servizi scolastici comunali, che di anno in anno questa amministrazione targata PD cerca di smantellare. Dalla scelta di trasferire allo Stato molte materne comunali all’applicazione alle insegnanti del contratto degli Enti Locali al posto del Contratto scuola, dall’oscena proposta di utilizzare il personale delle scuole dell’infanzia come sorveglianti nel periodo estivo con relativo aumento del carico di lavoro fino al totale disprezzo della volontà espressa dai cittadini bolognesi che nel 2013 hanno votato contro il finanziamento pubblico erogato alle scuole private. Forse il partito democratico, nella crisi generale di senso e di valori, ha dimenticato la preziosa esperienza di gestione sociale della scuola dell’infanzia di Bruno Ciari, che dal 1966 al 1970 a Bologna fu nella direzione delle attività educative del Comune e che divenne un modello di riferimento per il nostro Paese. ‘Il Comune di Bologna all’epoca era davvero di sinistra, cara assessore Pillatiì sostiene Letizia Arcuri dell’Esecutivo dell’USB di Bologna ‘perché lanciò la parola d’ordine il diritto allo studio comincia a tre anni accogliendo tutti i bambini nella cornice pedagogica della sperimentazione di Ciari. Come può l’amministrazione comunale considerare le scuole dell’infanzia un peso sociale e decidere contemporaneamente di sostenere l’avventuristica impresa di F.I.C.O. dalla quale trarrà profitto solo l’imprenditore Farinetti? Il compito della buona politica non è scrollarsi di dosso il “peso” dei costi amministrativi addossandolo alle famiglie, ma operare una corretta gestione amministrativa dando vera priorità ai diritti sociali di tutti i cittadini. Se il Comune non farà marcia indietro su questa indegna delibera, informeremo cittadini e lavoratori perché si sollevi una massa critica contro tanta protervia verso i diritti dei bambini e delle bambine bolognesi”.

Così invece Sgb: “A Bologna la scuola pubblica comunale è ancora sotto assedio da parte di chi dovrebbe proteggerla e, ad oggi, ci risiamo con l’ennesima prova di demolizione da parte di questa giunta che vuole rendere a pagamento un servizio che dovrebbe rimanere gratuito a tutela dei futuri cittadini, la scuola! Una giunta che, con ogni mezzo, cerca di fare dimenticare ciò che ha reso le nostre scuole l’eccellenza. Il sindaco Zanardi, con il suo slogan centenario, ‘pane e alfabeto’, avrebbe oggi da impartire lezioni a chi, come il sindaco Merola e l’assessore Pillati, il ”pane e l’alfabeto’ li stanno sostituendo con un servizio a fruizione settoriale e d’elite. Con questa delibera di giunta infatti assistiamo a quella che è l’ennesima follia di chi dai nostri padri costituenti non ha imparato nulla. Lo sprezzo per la Costituzione l’avevano già ampiamente dimostrata quando nel 2013 non rispettarono la volontà cittadina, che, con un referendum, aveva espresso contrarietà ai finanziamenti pubblici alle scuole private. A maggio 2017 non contenti vennero stanziati ulteriori soldi publici per le famiglie che optavano per i nidi privati, proseguendo così nella demolizione delle scuole pubbliche come dei caterpillar impazziti. La dichiarazione dell’assessore Pillati, che giudica di sinistra la scelta di fare pagare una retta per potere accedere alla scuola dell’infanzia e invita chi non può pagare ad iscrivere i propri figli alla scuola dello Stato, è una vera e propria follia. L’arroganza e l’ignoranza di questa Giunta hanno raggiunto livelli pericolosi per tutti i cittadini bolognesi i quali ora sanno che, in un contesto sempre più difficoltoso e sempre più complicato, essere poveri, nella loro città, è divenuto motivo di vergogna e di esclusione sociale. Non a caso questa operazione vergognosa arriva immediatamente dopo quella dell’ordinanza di allontanamento dalla città, comminata a dieci persone costrette a dormire sotto il portico perché senza dimora, il cosiddetto ‘Daspo urbano‘. Questa sarebbe l’innovativa politica di sinistra: mentre prima chi non poteva permettersi la retta del ‘pane’, aveva almeno un ‘alfabeto’ su cui poter contare, ora non avrà più nulla, né pane né alfabeto. Sgb fa appello alle lavoratrici e ai lavoratori, a tutti i cittadini affinché sostengano ogni iniziativa atta a respingere i contenuti di questa delibera e più in generale la politica esclusiva ed antisociale della Giunta Merola”.

Intanto, Sgb riapre anche la vertenza sui nidi, dopo che nei giorni scorsi si è svolto un nuovo incontro per la trattativa. Scrive il sindacato: “Dopo ore di confronto l’amministrazione è rimasta ferma sulle proposte fatte sul tavolo di trattativa dell’incontro precedente: per il mese di luglio il non recupero delle 3 giornate dei ‘ponti’, così come previsto per le insegnanti e l’assunzione di educatrici a tempo determinato per il sostegno handicap; riduzione del monteore annuale da 155 a 150 per recuperare parte delle 36 ore non frontali svolte nella prima settimana di settembre. Il tema centrale su cui è ruotata la discussione è il numero di giornate aggiuntive di lavoro nel mese di luglio per le educatrici. Sgb, sin dal primo incontro ha chiesto che l’amministrazione incentivasse la volontarietà reale per ridurre drasticamente le giornate di lavoro, provvedendo ad aumentare le risorse anche per coprire una parte di assenze. L’amministrazione si è solo impegnata nella messa in atto di tutte le azioni che vanno nella direzione di ridurre le giornate lavorate a luglio 2018 o addirittura nei prossimi anni. Quindi nessun cambiamento sostanziale per migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Le educatrici, dovranno comunque lavorare in totale 11 giorni, così come già previsto dal precedente accordo firmato da Cgil Cisl e Uil. L’incontro si è concluso con la dichiarazione da parte dell’amministrazione di formalizzare la sua proposta con l’invio di un verbale ai sindacati. Non aspettiamo i tempi dell’amministrazione né quelli dei sindacati pronti ad accettare il solito ricatto all’ultimo minuto con la solita promessa che l’anno prossimo andrà meglio. Riapriamo la mobilitazione per assicurare un servizio di qualità e per migliorare le condizioni di lavoro di tutti gli operatori”.

Infine, continua la mobilitazione di Cobas, Coordinamento precari/ie della scuola e Usb sul tema Fit. In programma una seconda assemblea dopo quella dell’8 novembre: il 6 dicembre alle 18 all’Aldini Valeriani in via Bassanelli 9. L’appello: “ll decreto legislativo 59/17 della legge 107 ha stravolto le modalità di assunzione dei docenti nella scuola statale (secondaria di I e II grado) con il Fit. Per anni i docenti hanno chiesto a gran voce una formazione iniziale retribuita. Il governo per tutta risposta con il Fit finanzia una formazione dimezzata che chiede, però, il pagamento preventivo per i 24 Cfu; con il misero compenso di 400 euro mensili legittima il lavoro sottopagato e la discriminazione salariale tra docenti; sdogana nel pubblico impiego la facile licenziabilità (dopo tre anni i presidi potranno respingere i candidati già ampiamente formati, valutati e abilitati nel corso del Fit); aumenta il livello di discrezionalità da parte dei dirigenti scolastici. Nella prima assemblea dell’8/11 ci siamo confrontate/i sui tanti punti critici e abbiamo avanzato delle proposte al riguardo, tra cui: inserire il conseguimento dei 24 cfu all’interno del già lungo percorso Fit; considerare il servizio già svolto come tirocinio · il recepimento della direttiva europea per i precari con almeno 3 anni di servizio che si traduca nell’assunzione e accesso al Fit senza un concorso selettivo; che gli abilitati vengano inseriti a pettine nelle GaE provinciali e non in GM regionali; la possibilità di ripetere l’anno di prova senza doversi sottoporre ad un nuovo concorso; un salario completo nel perido di prova · il diritto ad una formazione libera e critica all’interno del percorso · una campagna che miri a trasformare tutto l’organico di fatto in organico di diritto. Non si può rimanere indifferenti o inerti di fronte alla imminente approvazione dei regolamenti e dei decreti che disciplineranno il bando e le modalità concorsuali. La retribuzione dei docenti in formazione sarà affidata alla contrattazione sindacale pertanto qualunque firma da parte dei sindacati che si siederanno al tavolo con il Miur non potrà avallare discriminazioni salariali e di diritti”.