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La prima residenza Covid per anziani: “Ancora spazio e risorse al privato”

Inaugurata ieri una residenza dedicata ad ospiti positivi al virus, gestita da un istituto privato selezionato dall’Ausl tramite bando. Usb: “Perché non è stata individuata una struttura totalmente pubblica?”. Sgb: “Ricetta sbagliata, ne abbiamo visto un assaggio nei mesi scorsi”.

08 Dicembre 2020 - 20:35

E’ stata inaugurata ieri a Bologna la prima “Cra Covid”, cioè una struttura dedicata solo agli anziani positivi al virus, contagiati sia nelle case di riposo sia nel proprio domicilio: individuata dall’Ausl dopo una selezione pubblica, la residenza “Santa Caterina” sarà gestita dell’Istituto Sant’Anna-Santa Caterina. Questa novità è fortemente criticata da Usb e Sgb. L’istituto in questione è “lo stesso balzato agli onori della cronaca la primavera scorsa a causa dell’elevato numero di decessi e di operatori e anziani contagiati. Lo stesso istituto- scrive l’Usb– oggetto di segnalazioni ed esposti a causa delle inadempienze, dei ritardi, dell’approssimazione gestionale e organizzativa. Ci chiediamo quali siano stati i requisiti per ritenere idonea questa struttura tanto da superare una selezione pubblica. Si legge, inoltre, che sarà il gestore ad assicurare assistenza e cura agli ospiti con il proprio personale medico, socio-assistenziale e fisioterapico mentre l’Ausl assicurerà con proprio personale il coordinamento infermieristico e gli infermieri. Ci troviamo quindi di fronte ad una struttura a gestione privata, finanziata dal pubblico e supportata da personale pubblico. Ci chiediamo perchè allora non ci è proceduto ad individuare una struttura totalmente pubblica? Questo sarebbe stato un vero segnale di inversione da parte della Regione rispetto a tutto il sistema di accreditamento, invece si continua a finanziare il privato, anzi oltre alle risorse ci cede anche il personale. Intanto la Regione avvia lo stanziamento di 32 milioni di euro a favore delle strutture accreditate che ospitano anziani e disabili, quindi a strutture private. In Emilia-Romagna l’80% dei posti letto accreditati sono gestiti da privati. Questi soldi serviranno anche a garantire ‘la quota socio sanitaria’, cioè il finanziamento pubblico anche per i posti ‘non occupati’ durante la pandemia. Ovvero si paga come se ci fosse un anziano anche se non c’è. Si tratta di un regalo per la struttura, di aiuti a fondo perduto destinati a strutture private truccati da aiuti per anziani e disabili. In effetti i soldi pubblici elargiti ai privati sono molti di più. Basta ricordare il protocollo d’intesa tra R.E.R. e Legacoop dove la Regione prevede un riconoscimento sugli oneri sanitari di 7 euro al giorno per ospite per l’ acquisto di Dpi. Milioni di euro sottratti alla cura e all’assistenza pubblica con la scusa che ‘comunque i privati offrono un servizio pubblico e questo in qualche modo va loro riconosciuto’. Cosi si esprimono con non chalance i nostri amministratori, mentre garantiscono come e comunque il profitto dei privati. Inoltre, come se non bastasse, bisogna ricordare i 7 milioni di euro, stanziati dalla regione per coprire gli aumenti contrattuali (doverosi e meritati) dei dipendenti della sanità privata. Una sanità privata che nonostante negli ultimi anni, complici le politiche di smantellamento del SSN, abbia intascato lauti e crescenti profitti, oggi, con la complicità di Cgil, Cisl e Uil ottiene, grazie soprattutto all’appoggio di Bonaccini, che gli aumenti economici (ma non in termini di diritti) dei dipendenti privati vengano coperti con soldi pubblici. Dallo scoppio della pandemia ad oggi poco o nulla è cambiato e milioni di euro stanziati per i privati non permetteranno sicuramente di risolvere i problemi che affliggono, da anni, le residenze per anziani, che sono frutto proprio delle logiche del profitto e dell’aziendalizzazione. I gestori privati e pubblici non hanno alcun interesse ad erogare maggiori ore assistenziali e sanitarie (durante le fasi più critiche della pandemia sono state tagliate a causa della riduzione del numero dell’utenza legata ai decessi per Covid-19) né di investire in interventi strutturali a tutela della salute e della sicurezza di lavoratori e utenza, i primi pensando solo ai loro profitti e i secondi intrappolati nella logica del pareggio di bilancio. Per tutelare la salute degli anziani e garantire un’assistenza di qualità è necessario rivedere l’intero sistema degli accreditamenti a partire dai parametri assistenziali e dai case mix, garantire una gestione diretta da parte del Servizio sanitario nazionale delle Cra, reinternalizzare i servizi in appalto, garantire maggiore tutele contrattuali per gli operatori e avviare una campagna massiccia di assunzioni a tempo indeterminato di tutte le figure assistenziali necessarie”.

La ricetta pubblico-privato “è una soluzione sbagliata ne abbiamo visto un assaggio nei mesi scorsi”, sottolinea l’Sgb: “Non dà sicurezza né agli operatori sanitari che lavorano nelle strutture, sia pubbliche che private, né ai pazienti ricoverati. In questo modo continua una politica che vede prioritaria l’emergenza nei confronti della strutturazione di una sanità privata rispetto al fattore di sviluppo organizzativo e formativo pubblico per operatori sanitari e pazienti. Nei fatti lo smantellamento della sanità pubblica a favore di una sanità privata ha fatto danni enormi a operatori sanitari e pazienti . Infetti e morti, gestione portata avanti nel caos e nella totale mancanza non solo di un piano di emergenza ma di una totale e inadeguata organizzazione strutturale sono sotto gli occhi di tutti oramai. L’affidamento al Santa Caterina di Bologna della ‘prima Cra Covid’ con 24 posti letto per anziani positivi che vedrà stanziati dalla regione Emilia-Romagna 32 milioni di euro e messi a disposizione della struttura privata il coordinamento dell’equipe infermieristica dell’Ausl bolognese con personale medico, assistenziale e fisioterapico, è un progetto per noi fallace. La struttura solo a marzo scorso veniva ‘sospettata’ di essere un focolaio, sospetto dovuto alla morte di 8 pazienti numerosi infettati e oltre 20 operatori sanitari infettati, con gravi mancanze di distribuzione di dispositivi di protezione agli operatori. Da tempo come Sindacato Generale di Base denunciamo la grave carenza di personale sanitario nelle strutture pubbliche come scelta politica cronica e deploriamo la pratica di passaggio di personale pubblico a soggetti privati. Denunciamo che pratiche di ricorso a infermieri e dottori molto spesso con contratti precari , o di agenzie interinali, sottoposti a ricatti con turni massacranti, sono, da anni, all’ordine del giorno per le amministrazioni degli ospedali regionali che guardano sempre di più al bilancio aziendale; ricordiamo che con la Legge 502 del 1992 , Governo Amato, da Usl si ha il passaggio ad Azienda Sanitaria Locale. Vanno ridiscussi i criteri di partecipazione e accreditamento di queste strutture e lo stanziamento di fondi per l’incremento di organismi di controllo ‘pubblici’ affinché tali criteri vengano controllati ed applicati con la partecipazione anche dei lavoratori sul campo. Bisogna invertire la tendenza di esternalizzare servizi sanitari essenziali e reinterlizzare tutti i servizi, compresi gli operatori, demandati al mercato privato. Infine, ma non per ultimo, progettare l’intervento per costruire servizi sanitari di prossimità sul territorio che prevedano l’insorgenza di patologie prima del loro sorgere, e le curino prima del loro aggravamento, guardando all’ospedalizzazione come fattore finale del percorso sanitario. Lo dobbiamo alle centinaia di operatori infettati, e che a volte hanno pagato con la vita tali negligenze, ed ai comitati dei familiari delle vittime Cra che ancora aspettano risposte. Come Sgb continuiamo a chiedere che la sanità pubblica venga incrementata , e non sguarnita, di personale sanitario, con assunzioni e stabilizzazioni vere e che il denaro ‘pubblico’ serva all’incremento di strutture pubbliche, nessun operatore pubblico deve essere dato al privato perché sono strettamente necessari alle strutture ospedaliere pubbliche”.