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La minaccia di Ubertini: “Il 36 potrebbe chiudere definitivamente”

Rettore: “Se riapertura genererà altre tensioni, biblioteca sarà destinata ad altre funzioni”. Intanto il Cua fa il punto su “repressione e lotte sociali in zona universitaria” e va all’attacco del Codice etico dell’Ateneo: “Va completamente abolito”.

09 Maggio 2017 - 12:48

Dopo la marcia indietro sui tornelli al 36, ora arriva la minaccia: “Vogliamo riaprire per dare la possibilità agli studenti di frequentare questo spazio il prima possibile e comunque prima della pausa estiva. Ovviamente, questo nello spirito di avere uno spazio-biblioteca per gli studenti. Se la riapertura dovesse generare altri momenti di tensione, di qualunque tipo, io chiuderò definitivamente la biblioteca al 36″. Queste le parole pronunciate ieri dal rettore dell’Alma Mater, Francesco Ubertini. “Nel momento in cui la biblioteca riaprirà- aggiunge il rettore- con un sistema che garantisce che effettivamente l’accesso e la permanenza in quello spazio siano consoni alle attività universitarie, se dovessero crearsi altri momenti di tensione di qualunque genere a quel punto chiuderemo definitivamente e ridestineremo ad altra funzione quel luogo”.

Su quale sistema l’Ateneo intenda adottare, Ubertini dice: “Abbiamo individuato una soluzione tecnica, c’è stata discussione promossa dal Consiglio studentesco una decina di giorni fa. Sono stato all’estero in questo periodo, ma il prorettore vicario ha incontrato i lavoratori per condividere con loro alcuni aspetti. L’ufficio tecnico sta implementando soluzioni che a breve illustreremo”. Questa soluzione “la condivideremo, non la terrò segreta: ma non può essere quella che avevamo qualche mese fa, lì c’era il problema che l’uscita di sicurezza interferiva con il controllo e l’accesso, le porte venivano aperte immediatamente e veniva bypassato il filtro”. In ogni caso, “ci sarà comunque un controllo degli accessi per far sì che il luogo di studio sia frequentato effettivamente da chi ha bisogno di studiare”, afferma il rettore.

Ubertini ha parlato anche dell’aula occupata al 22: “L’occupazione di spazi universitari è qualcosa che interferisce con lo sviluppo della normale attività, e quindi è una situazione che non può durare. La sala lì era stata chiusa 10 giorni fa e ora è stata aperta, non ho aggiornamenti recenti ma di certo non è una situazione che potrà andare avanti per molto”.

E intanto il Cua fa il punto su “repressione e lotte sociali in zona universitaria”, con un comunicato che inizia così: “In questi giorni si è svolto un nuovo capitolo della tornata repressiva contro le lotte sociali che stanno attraversando l’Alma Mater e il territorio della zona universitaria da settembre ad oggi, tra la vertenza contro il caro-mensa, la lotta contro i tornelli in via Zamboni 36 e il contrattacco studentesco all’aggressione della celere contro quanti studiavano in biblioteca lo scorso 9 febbraio. Riepiloghiamo: per quanto riguarda la vertenza mensa, caduto il reato di estorsione, continuano ad essere sotto misure cautelari e in obbligo di firma giornaliera tre studenti e compagni, mentre in due fermati durante gli scontri sono stati assolti durante l’ultimo processo. Un altro compagno è tutt’ora costretto a vivere fuori città, colpito dalla misura preventiva del divieto di dimora sempre in riferimento alla battaglia contro il caro mensa. L’11 maggio ci sarà invece l’appello per un compagno fermato durante gli scontri del 3 novembre scorso in Piazza Puntoni, condannato a più di due anni e ancora sottoposto a misure cautelari che gli impediscono di entrare nel centro storico della città. Per quanto riguarda invece la lotta contro i tornelli in via Zamboni 36 è stata accolta l’istanza per due compagni colpiti dall’obbligo di dimora fuori Bologna che sono potuti rientrare in città, mentre a Morgan costretto già a firmare, è stato confermato il divieto di vivere in città, al compagno si aggiunge anche l’iniziativa repressiva dell’Alma Mater che lo ha sospeso per alcuni mesi dagli studi, insieme a molti altri compagni e compagne del nostro collettivo. Gioiosa notizia invece quella di Sara, studentessa e compagna liberata venerdì scorso dopo 3 mesi di domiciliari. Il suo caso, ennesimo di accanimento giudiziario contro chi lotta, è stato corredato di varie iniziative repressive come il divieto di comunicare con l’esterno cui è stata sottoposta per settimane e in ultimo, ad una delle udienze del processo per direttissima tenutosi pochi giorni fa, la goffa decisione della procura e della digos di aggiungere altre prove a carico della compagna. Il nostro avvocato ha immediatamente rilevato l’irregolarità riguardo all’accumulazione di prove in un processo per direttissima, e il giudice è stato costretto a rimandare il tutto ad ottobre non sapendo che fare. Alla faccia della direttissima! Peccato per i signorotti in divisa che le gaffe si pagano e, in pochi giorni, Sara è tornata in libertà, a testa alta e con il suo solito e inscalfibile sorriso stampato in faccia, grande e beffardo”.

Scrive ancora il Cua “Le numerose iniziative repressive: contro il nostro collettivo vengono motivate dagli inquirenti dalla pericolosità espressa da quegli elementi che definiscono da più parti ‘capi’ o ‘protagonisti’ di lotte ancora attive. Quindi tutte le misure vengono giustificate dalla necessità di mozzare le teste e le mani al conflitto sociale nella zona universitaria. La riduzione questurina della generosità dei nostri compagni e delle nostre compagne ci fa ridere a crepa pelle e dall’altra parte ci fa valutare positivamente lo sviluppo delle lotte che hanno saputo rispondere con i fatti al castello accusatorio della procura: le battaglie infatti sono andate avanti determinate e forti come prima, puntando dritte all’obiettivo in un contesto di partecipazione e solidarietà davvero significativa… come sempre accade d’altronde quando vengono aggrediti i percorsi dell’autonomia cittadina. Riteniamo la repressione, volenti o nolenti, intrinseca al conflitto, alla sua qualità e potenzialità. L’efficacia si misura nel grado di solitudine sociale che nel tempo il nemico è capace di imporre intorno ai compagni o alle compagne aggrediti. Che pena, che patetico trionfo di debolezza sarebbe stata annunciare le iniziative repressive in conferenze stampa da quattro gatti davanti ad un paio di telecamere, lamentando colpi che non solo sono congeniti alla natura delle nostre scelte di vita, ma in fin dei conti pure poco energici. La grande libertà per la quale lottiamo di giorno in giorno è prima di tutto un’attitudine dello spirito collettivo, il rifiuto coraggioso delle lacrime e del lamento in faccia ai peggiori nemici. E’ la lezione che abbiamo imparato nell’esperienza e nei racconti di quanti prima di noi e come noi hanno tenuto alta la testa e disteso il sorriso. L’opportunità di non pronunciare a sproposito parole come lotta, conflitto e dignità passa anche per questi piccoli comportamenti quotidiani. Ad ogni modo è prima di tutto nello scontro sociale che abbiamo imparato l’umiltà che dovrebbe contraddistinguere l’etica di ciascun rivoluzionario, quella stessa etica che giustamente ci fa saldamente trattenere dal salire su pulpiti traballanti, in aule vuote, e pontificare al vento dando indicazioni su come affrontare la repressione. E’ una patologia da escluso guardare la punta del proprio naso, chiamare ‘sociale’ quel millimetro quadrato di mondo ed ignorare che là fuori c’è bisogno di conflitto attivo e vivace c’è bisogno di esperienze concrete capaci di comunicare in base ai risultati che producono, c’è bisogno di spalle accanto ad altre spalle, di fatti e racconti che calcifichino nella testa di milioni di coetanei la possibilità del conflitto, l’efficacia del conflitto, l’attualità del conflitto”.

Continua il comunicato: “Intanto l’11 maggio ci sarà l’appello per Luca e arriveremo a quell’appuntamento con la riapertura del fronte di lotta dedicato al caro-mensa e rispondere dalla piazza mentre il nostro avvocato risponderà punto su punto alle accuse contro il compagno, combattendo contro una procura che ha fatto degli studenti, degli occupanti di case, e degli inquilini resistenti della nostra città la propria ossessione tentando ogni sorta di stratagemma, anche goffo e fuori dalle ‘loro regole’, pur di sabotare lo sviluppo del conflitto sociale nel nostro territorio. Nostro compito anche questa volta sarà quello di denunciare pubblicamente sia gli abusi e le irregolarità, che le ossessioni e le intimidazioni delle autorità. Stando però attenti a non cascare nel ‘si salvi chi può’ che per quanto ci riguarda riteniamo pessima abitudine da non fare propria o enfatizzare. Con questo metodo torneremo ad affrontare la questione delle misure disciplinari comminate (su suggerimento della digos) dall’Alma Mater agli studenti e alle studentesse più attivi nelle lotte all’università, e senza mai presentarci come vittime frignose, con l’orgoglio di chi c’era e sa indissolubilmente di avere ragione, affermeremo conflittualmente l’istanza abolizionista. Riteniamo infatti che il Codice Etico che permette l’attuazione di queste misure vada completamente abolito. Deve essere immediatamente cancellato questo status di ‘doppia pena’, doppia e preventiva, secondo cui l’Alma Mater e la Procura possono condannare arbitrariamente uno studente o una studentessa. Non è questione di tornare comodamente nell’alveo del diritto e far impietosire qualcuno per l’ennesimo caso di mala-giustizia, qui è questione di dire che le lotte sono legittime e non si puniscono, punto. Ora a maggior ragione che la contraddizione vige anche e per di più secondo la logica del diritto stesso. Infatti i compagni e le compagne colpiti dalle misure disciplinari vengono colpiti a partire dalle segnalazioni della digos e dalle denunce della procura, e prima ancora che un ‘regolare’ processo si possa svolgere, vengono preventivamente puniti dall’università. Ma anche in questo caso è giusto ribadire che non sarebbe certo una condanna di un tribunale a mettere in discussione la legittimità delle azioni e delle lotte in questione. Nelle prossime settimane molte battaglie potrebbero concludersi vittoriosamente e vogliamo lottare per fare in modo che a raggiungere gli obiettivi collettivi ci siano anche i nostri compagni e le nostre compagne nel mirino della repressione. Per questa ragione invitiamo tutti e tutte a mantenere questo importante clima di solidarietà e a spingere in avanti con lo scontro e il conflitto sociale ogni volta se ne presenti l’occasione, trovarla e coglierla è il nostro dovere – anche per continuare a rendere concreto lo slogan ‘liberi tutti libere tutte’! Nel tempo del riscatto possibile avanti con le lotte! Aboliamo la doppia pena all’Alma Mater!”.