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La battaglia continua: appello e assemblea cittadina per Xm24

Mercoledì 3 maggio’017 appuntamento per la costruzione di un’altra giornata di mobilitazione. Intanto, presa di posizione pubblica con centinaia di firme già raccolte a cui si aggiunge un ulteriore contributo della geografa Paola Bonora.

02 Maggio 2017 - 10:40

“La battaglia di Xm24 continua…”. In questo caso con un’assemblea pubblica cittadina convocata per mercoledì 3 maggio alle 20.30 in via Fioravanti 24 “per la costruzione di un’altra grande giornata di mobilitazione. Per la resistenza delle autogestioni”. Intanto il centro sociale segnala sul proprio sito un appello dal titolo “Difendere Xm24, per tornare a respirare”, con circa 80 sottoscrizioni iniziali (che riportiamo più avanti) di scrittori, docenti, ricercatori, artisti e altre figure a cui si sono aggiunte 600 firme raccolte nella sola giornata del 25 aprile al Pratello. Sul sito dell’Xm24 è possibile aggiungere la propria adesione. Questo il testo: “Dal 2013 al 2016 il grande affresco Occupy Mordor, dipinto da Blu sulla parete di Xm24, ha messo in scena una battaglia per la città: le truppe del sindaco Sauron – armate di ruspe, mortadelle e sfollagente – si scontravano con un popolo che suonava, ballava, pedalava, leggeva, hackerava, coltivava e lanciava angurie con le catapulte. Oggi l’affresco non c’è più, ma la battaglia è in pieno svolgimento. Proprio come in quella raffigurazione, la città ufficiale ha la forza dei partner economici per imporsi ai suoi avversari, ha la forza poliziesca per reprimerli, e ha mezzi enormi – infinitamente più grandi di un muro – per mettersi in scena e magnificarsi. La Bologna ufficiale è una città boriosa, soffocante, sempre più allergica a poveri e marginali. Una città che sogna di sterilizzarsi dai germi del dissenso, e una di queste mattine potrebbe risvegliarsi sterile. L’altra città è invece fatta di collettivi, spazi autogestiti, associazioni, circoli culturali, sportelli sociali, gruppi di lettura, utenti di biblioteche pubbliche, artisti, gruppi teatrali, italiani e migranti. È la Bologna plurale che si è manifestata il 4 marzo scorso, nella prima iniziativa a sostegno di XM24 e delle realtà autogestite; ed è la stessa che quattro giorni dopo, in occasione dello sciopero mondiale delle donne, ha inondato Bologna di drappi fucsia. Una città che vive soltanto della propria fantasia, grazie alla capacità di organizzarsi, di stare nelle strade, di tessere relazioni, di usare gli spazi urbani con intelligenza. Per questo, deve fare i conti con una repressione crescente, in nome del «decoro» e della «legalità». Un «decoro» sempre più idealizzato e irrealistico, da salottino con la cera sul pavimento, e una «legalità» altrettanto feticizzata, fuori dal mondo, irraggiungibile. Dall’alto del decreto Minniti giù fino alle pignole prescrizioni di un presidente di quartiere, è diventato pressoché impossibile organizzare un’iniziativa pubblica senza avere alle spalle soggetti istituzionali o sponsor di peso. Eppure, tra una manganellata e uno sgombero, la Bologna ufficiale si rende conto che l’altra città è una risorsa. Così alla repressione si alterna la vampirizzazione: i graffiti illegali vengono staccati dai muri, tolti dallo spazio pubblico e chiusi in una mostra a pagamento; i percorsi guidati sul ’77 bolognese, pubblicizzati in un volantino dell’Urban Center, sono illustrati con un murale dedicato a Francesco Lorusso (un murale odierno e non autorizzato, dunque parte di quello che le istituzioni chiamano «degrado»); gli spazi urbani inutilizzati cadono nella tela del mondo Coop/Unipol, attraverso bandi culturali, fondi per l’innovazione e altre retoriche «rigenerative»; ci si riempie la bocca coi diritti della comunità LGBTQ, e si mantiene viva l’immagine di Bologna isola felice per le persone di tutti gli orientamenti sessuali, ma non ci si è fatti scrupolo a sgomberare il circolo LGBTQ Atlantide. «Non accetto pressioni dalle lobby gay», disse il sindaco in quell’occasione; la mobilitazione «I ♥ XM24» viene scimmiottata dalle istituzioni, che rispondono con «I ♥ Bolognina», arruolando l’Estragon – locale rock molto vicino alla città ufficiale – in una campagna che gioca sulla fittizia contrapposizione tra quartiere e spazio autogestito. È vampirizzazione anche l’appello alla «sussidiarietà», proposta con insistenza dai più avveduti tra gli amministratori. «Sussidiarietà» significa: occupatevi della disperazione sociale prodotta dalle nostre politiche, ma senza criticare queste ultime. La città ufficiale vorrebbe le idee dell’altra città, vorrebbe i suoi progetti, le sue reti di sostegno, ma senza il conflitto, senza quel che le rende scomode. Ma l’altra città non è inclusiva solo nel mutuo soccorso: lo è anche nelle lotte contro la città ufficiale ed escludente. Nella prassi di ogni giorno, i corsi d’italiano con migranti sono inseparabili dalla muraglia meticcia che si oppone a sfratti e sgomberi. La Bologna ufficiale pensa la «creatività» solo come un tappabuchi, stucco colorato negli interstizi tra un grande progetto e l’altro. E ce ne sono tanti, di progetti. Così tanti che addirittura si sovrappongono, occupano gli stessi spazi, si pestano i piedi, perché l’amministrazione, nella sua frenesia cementizia, fa promesse a tutti, anche in contrasto l’una con l’altra. E così la Virtus avrà un nuovo centro sportivo all’Arcoveggio (Progetto Arco Campus)… esattamente dove è previsto l’allargamento della tangenziale. Allo stesso modo, viene annunciato un ampliamento del polo fieristico (Revamping Fiera)… sullo stesso terreno dove Autostrade piazzerà il cantiere per il Passante di mezzo. Evidentemente non basta una sola Bologna, servono universi paralleli per contenere tutte le promesse, tutte le Grandi Opere, i Grandi Eventi e le trasformazioni urbane, tutto nel segno di un rilancio – con soldi dei cittadini – del cemento impastato alla finanza. La Bolognina, quartiere vivo e popolare, ha la sfortuna di essere il piedistallo per uno di questi progetti. Da almeno un paio d’anni, una martellante campagna giornalistica e politica dipinge il quartiere come degradato ed «esplosivo», per aprire la via a una ristrutturazione che alzerà il costo della vita ed espellerà la parte più debole della popolazione. Gli allarmi eccessivi per la criminalità, la militarizzazione, l’arrivo della «creative class», l’apertura di locali «carini», gli sfratti, la speculazione immobiliare… È un copione già recitato in molte altre città; è un format, una narrazione seriale, fintamente originale come quella delle lavagnette-menu di certi ristorantini. La sola cosa non scritta, in questa storia, è il suo esito. Xm24 è stato definito dal capogruppo del Pd Mazzanti «incompatibile con la realtà» della Bolognina, e invece è perfettamente compatibile con la parte migliore di quel quartiere – la stessa che aveva un altro, straordinario polo nell’ex-Telecom occupata, ora in procinto di diventare un hotel per studenti ricchi. Xm24 resiste, e per questo rovina la messinscena della «rigenerazione». Apertamente schierato con gli esclusi dal banchetto della città del cibo, del turismo e dell’università «meritocratica», Xm24 è capace di scompaginare tutti i discorsi. Anche quelli che lo riguardano: lo ha fatto nel 2013 ottenendo una convenzione col Comune, accordo sui generis che non tradiva la sua natura assembleare; lo ha fatto nel 2016 condividendo con Blu la scelta di cancellare Occupy Mordor, l’opera che pure aveva scongiurato il parziale abbattimento dell’edificio; lo sta facendo oggi, nel 2017, coinvolgendo la città su un tema, l’autogestione, che sembrava sprofondato nella palude del legalitarismo e della repressione. La battaglia per Xm24 è la battaglia per la Bolognina, e la battaglia per la Bolognina è la battaglia per la città intera, per la sua capacità di essere inclusiva, solidale, creativa, dunque all’altezza della parte migliore della propria storia”.

Questo l’elenco delle 78 sottoscrizioni iniziali: Wu Ming (scrittori), Wolf Bukowski (scrittore), Maurizio Bergamaschi (docente Unibo), Milena Magnani (scrittrice), Agostino Giordano (educatore), Monica Dall’Asta (docente Unibo), Girolamo De Michele (scrittore), Luca Gavagna (fotografo), Compagnia Fantasma (gruppo teatrale), Cristina Chiavari (ricercatrice), Elena Monicelli (educatrice), Sergio Rotino (scrittore e critico), Paolo Vachino (pubblicista), Enrico Tabellini (operatore museale), Domenico Perrotta (sociologo), Edoardo Balletta (docente Unibo), Alessandro Canella (giornalista), Kai Zen (scrittori), Alessandro Peregalli (dottorando Univ. Nacional Autónoma de México), Michele Lapini (fotografo), Alberto Lofoco (promoter musicale), Giuliano Santoro (scrittore e giornalista), Antonio Schiavulli (dipendente Unibo), Claudia Grazioli (impiegata), Lorenzo Alberghini (Comitato No People Mover), Luigi Bevilacqua (grafico), Valerio Monteventi (pubblicista e scrittore), Franco Berardi Bifo (scrittore e saggista), Claudio Borgatti (Venti Pietre), Maurizio Pulici (Venti Pietre), Alberto Razzi (Venti Pietre), Raffaella Lamberti (Associazione Orlando), Sandro Mezzadra (docente Unibo), Donata Meneghelli (docente Unibo), Sergio Brasini (docente Unibo), Sergio Caserta (Il Manifesto Bologna), Andrea Gropplero (produttore cinematografico), Paolo Marzoni (associazione Kinodromo), Giorgio Tassinari (docente Unibo), Rita Pareschi (Campi Aperti), Giso Amendola (docente Univ. Salerno), Antonio “Toni” Negri (filosofo), Paola Bonora (geografa), Beppe Caccia (ricercatore), Benedetto Vecchi (giornalista e saggista), Maria Rosaria Marella (docente univ. Perugia), Cristina Muccioli (storica dell’arte), Silvia Albertazzi (docente Unibo), Michele Pompei (conduttore radiofonico), Alberto Sebastiani (giornalista), Andrea Rapini (docente Univ. Modena e Reggio Emilia), Mauro Boarelli (operatore culturale), Franco Foschi (medico e scrittore), Massimo Cappi (astronomo), Piergiorgio Rocchi (architetto), Ilaria Agostini (docente Università di Bologna), Edoardo Salzano (urbanista), Nico Bazzoli (Università di Urbino), Alessandro Bianchi (Università di Bari), Roberto Budini Gattai (urbanista, Lab. politico perUnaltracittà, Firenze ), Lo stato sociale (gruppo musicale), Vittorio Boarini (ex direttore Cineteca di Bologna), Agnese Cretella (ricercatrice), Paola Rudan (ricercatrice Unibo), Roberta Ferrari (assegnista di ricerca, Unibo), Eleonora Cappuccilli (ricercatrice precaria), Isabella Consolati (ricercatrice precaria), Babacar Ndiaje (Associazione Senegalese Cheikh Anta Diop di Bologna e provincia), Adil Lasri (ALMI), Luca Cobbe (Ricercatore precario), Matteo Battistini (ricercatore Unibo), Maurizio Ricciardi (docente Unibo), Michele Cento (Ricercatore precario), Sene Bazir (Operatore sociale), Lorenzo Delfino (Studente), Carla Kollontaj (Insegnante precaria), Michele Gentilini (Architetto), Carolina Marelli (dottoranda Université Paris Ouest Nanterre La Défense).

Una delle sottoscrittrici, la geografa Paola Bonora, ha prodotto un ulteriore contributo (anche questo segnalato sul sito dell’Xm24), dal titolo “Rigenerazione urbana a Bologna. Si comincia col cacciar via chi protesta…”, che si conclude così: “La consapevolezza della distanza tra Bologna-città e Bolognina-periferia è ben presente sin dagli anni ’80. Oggi accentuata da una voragine le cui connessioni di mobilità sembrano un labirinto punitivo immaginato in una notte di sballo da urbanisti ubriachi. E’ vero, impiego solo un’ora per andare a Milano, ma quanto tempo mi serve per raggiungere la stazione? Come sempre la ‘modernità’ si scontra con i nostri ritardi. Ma il quartiere Bolognina, malgrado la confusione progettuale e gli errori esecutivi, è in una posizione perfetta per la rivalorizzazione, o rigenerazione che dir si voglia. Tanto più in questa fase in cui la città s’è scoperta turistica e ha voglia di allargare il raggio dei benefici economici che ne derivano oltre le soglie del centro storico. Il che può essere un bene a patto non avvenga a scapito del costo della vita, e dunque degli abitanti e dei fruitori abituali. Gli sgomberi degli edifici occupati hanno mostrato il volto duro e poliziesco dell’amministrazione comunale, che non ha saputo rispondere all’emergenza abitativa se non con la cacciata delle famiglie. Politiche di aggressione delle fasce sociali più deboli che verranno replicate contro Xm24 se non ci mobilitiamo per difendere questo spazio di autogestione giovanile, che è allo stesso tempo un modo per proporre un’idea di città come luogo di vita e di condivisione, e non come terreno di speculazione”.