Attualità

Inchiesta / Le carceri emiliano- romagnole sono tra le peggiori

Perché l’Emilia-Romagna, che è stata tra le prime Regioni in Italia a firmare protocolli d’intesa col Ministero di Giustizia, che ha anticipato il passaggio dalla Medicina penitanziaria al Servizio Sanitario Nazionale, che ha sviluppato diversi interventi di tipo sociale, ha, negli istituti di pena, una situazione più grave di quella delle altre Regioni italiane?

15 Ottobre 2009 - 22:04

atrium carceriCon questa piccola inchiesta sulla situazione carceraria della nostra Regione abbiamo messo insieme i dati riguardanti la popolazione detenuta in istituti del nostro territorio, le leggi i provvedimenti le iniziative che ha messo in campo l’Ente regionale, le denunce che si sono susseguite in questi mesi da varie parti sulla grave situazione delle galere emiliano-romagnole. Alla fine di questo lavoro la prima cosa che ci viene da fare è una domanda soprattutto politica: perché la Regione Emilia-Romagna, che è stata tra le prime Regioni in Italia a firmare protocolli d’intesa col Ministero di Giustizia, che ha anticipato con una sua scelta il passaggio dalla Medicina penitanziaria alle prestazioni sanitarie sotto la responsabilità dell’ASL, che ha sviluppato diversi interventi di tipo sociale con finanziamenti propri e stimolando il contributo degli Enti Locali e delle Organizzazioni del Terzo Settore, ha una situazione nelle carceri  più grave di quella delle altre Regioni italiane?

Noi una qualche idea ce l’avremmo, ma ci piacerebbe che, a partire da questa ricerca, fossero altri a prendere la parola. Vorremmo che partisse un dibattito “vero” che servisse a stimolare l’iniziativa di denuncia, la mobilitazione, la solidarietà a sostegno dei diritti delle persone detenute. Una suggestione però la proponiamo: secondo noi una delle cause di questa situazione drammatica sta nel fatto che nella direzione regionale del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) si annida da ormai più di vent’anni un sistema di potere e di comando che ha fatto del disagio dei detenuti e del sovraffolamento un modo di governare gli istituti di pena dell’Emilia-Romagna. La classe politica al governo in Regione e nei Comuni sedi di carcere ha, di fatto, coperto questo stato di cose, lavandosi la coscienza con “leggi buone sulla carta”, “provvedimenti all’avanguardia”, spendendo soldi pubblici, lasciando che la situazione si incancrenisse ai livelli attuali.       Quelli che riportiamo sono dati e situazioni oggettivi, ciascuno può interpretarli come ritiene opportuno, speriamo che si apra un un confronto collettivo su questa vergogna che mette in forte discussione il livello di civiltà della società attuale.

 SI E’ TORNATI ALLA SITUAZIONE PRECEDENTE ALL’INDULTO

Dalla relazione dell’Assessore Dapporto sulla situazione penitenziaria in Emilia-Romagna, presentata nel 2008, risulta che nel 2007, il numero di detenuti è ritornato ai livelli precedenti l’Indulto. L’incremento nel corso dell’anno è stato in Regione di 668 persone (+22,68%). In Emilia-Romagna le condizioni nelle carceri sono più gravi che in tutte le altre regioni italiane. Oltre al sovraffollamento, si rilevano ovunque carenze di personale che aggravano la stato della vita della popolazione detenuta.

 IL 70% DEI DETENUTI IN REGIONE E’ IN ATTESA DI GIUDIZIO

Sempre alla data del 31 dicembre 2007, i soggetti in misura alternativa in carico agli uffici di esecuzione penale esterna erano 414, dei quali 96 seguiti dall’Ufficio di Reggio Emilia, 45 a Modena, 172 a Bologna, 41 a Rimini e 60 a Ravenna.

Passando ad esaminare la posizione giuridica dei detenuti, risultano condannati in via definitiva in Emilia-Romagna il 28,7% dei detenuti (in Italia sono il 39%). Il 70% dei detenuti in Regione è pertanto in attesa di giudizio.

Al 31/12/2007, negli Istituti Penitenziari della Regione sono presenti 1.843 stranieri (il 51,01 % del totale dei detenuti),

 DETENZIONE E LAVORO

In Regione i detenuti che lavorano sono 939 (meno del 26,5% del totale) e quasi tutti per l’Amministrazione penitenziaria. Per i detenuti stranieri solo il 19,8 % ha la possibilità di qualche tipo di lavoro.

Per quanto riguarda il lavoro esterno, in tutta la Regione sono 103 i detenuti impiegati, neanche il 3%.

LA SITUAZIONE PEGGIORE AL CARCERE DELLA DOZZA DI BOLOGNA

Per quanto riguarda il carcere di Bologna, la sua strutura obsoleta e bisognosa di interventi strutturali ha prodotto nel dicembre 2007 un’ordinanza del Sindaco in tema di igiene e sanità. Oltre al problema del sovraffollamento va tenuto presente che la maggior parte degli edifici penitenziari sono stati costruiti nei primi anni ’80, sull’onda dell’”emergenza lotta armata”: sono strutture ad alta sicurezza che mal si adattano alla popolazione presente composta soprattutto da tossicodipendenti, immigrati e persone con disturbi mentali.

Alla Dozza molti sono gli stranieri, sia nelle sezioni maschili, sia nel braccio femminile. C’è il doppio dei detenuti rispetto alla capienza, ci sono carenze igienico – sanitarie, casi di Tbc e altre malattie, c’è un forte sottodimensionamento degli organici come del resto in tutti gli altri istituti penitenziari. Ci sono storie drammatiche di suicidi e tentati suicidi.

Ci sono poi problemi di bilancio con necessità di taglio alle “mercedi” del 28%, che potrebbe costringere l’amministrazione a decurtare le spese per la pulizia e la carta igienica, oltre a protrarre le morosità sul pagamento delle bollette relative alle utenze.

Viene anche segnalato lo stato particolarmente grave del carcere di Rimini, dove, in estate, il numero dei detenuti raddoppia e vengono denunciate situazioni di otto detenuti in 12 metri quadri.

 GLI INTEREVENTI DELLA REGIONE

– Le attività e gli interventi di politica sociale che la Regione svolge a favore dei detenuti e degli ex detenuti sono regolate da Protocolli d’Intesa con il Ministero della Giustizia, il primo dei quali risale al 1987, rinnovato e ampliato nel 1998, consolidato poi dalla Legge Regionale n.3 del 2008. Tale legge è rivolta alla tutela dei diritti e alla re-inclusione sociale della popolazione in area penale.

– I luoghi deputati alla concertazione degli interventi per la reclusione sociale dei detenuti sono individuati nei Comitati Locali per l’Area penale dei Comuni sedi di carcere, cui si sono aggiunti negli ultimi anni i tavoli programmatici dei Piani di Zona (derivati dalla Legge 328/2000).

Gli orientamenti, la programmazione delle attività e il coordinamento delle iniziative sono a carico della Commissione Regionale per l’Area Penale.

– La Regione eroga finanziamenti ai Comuni, sedi di carceri, all’interno del programma finalizzato al contrasto delle povertà e dell’esclusione sociale, affidato alla progettazione dei piani sociali di zona. La somma che la Regione mette in campo ogni anno è di 400.000 euro ed è quasi raddoppiata da altri finanziamenti degli Enti Locali.

– La Legge n.3 del 2008 consolida l’insieme delle politiche regionali sull’area penale dotandolo di una cornice normativa, La Legge istituisce inoltre la figura del Garante regionale delle persone private della libertà personale. In Regione, i Comuni sedi di carcere concordano sull’opportunità di questa figura di garanzia (i comuni di Bologna e Ferrara si sono già dotati di Garanti comunali). La Regione si accinge a nominare questa figura di garanzia.

– La Regione e gli Enti Locali collaborano con associazioni del Terzo Settore per quanto riguarda progetti sportivi- ricreativi e culturali, attività mirate alla genitorializzazione per i detenuti, servizi di ospitalità per detenuti in permesso, servizi di sportello informativo, di sportello orientamento al lavoro e di mediazione culturale e di mediazione a carattere sanitario.,

– Nel corso del 2006 le Borse Lavoro erogate dai Comuni sedi di carcere sono state 113 e hanno avuto una durata dai 3 ai 6 mesi, con salario medio mensile che si aggirava intorno ai 400 euro.

Nel 2007, le Borse Lavoro erogate dai Comuni sono state molto meno numerose, si dice perché è stato utilizzato lo strumento delle Borse previste dal progetto InDULTO (attivato all’indomani dell’indulto dell’agosto 2006).

LA SALUTE NELLE CARCERI

Il 1° aprile 2008 viene data attuazione al decreto legislativo 230 del 1999 che prevede il passaggio delle competenze della sanità dalla Medicina Penitenziaria alle ASL.

Nel mese di giugno del 2007 la RER aveva già sottoscritto un Atto di Intesa per il passaggio della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale. In tal modo sono state traferite alle ASL competenti per territorio le funzioni della medicina specialistica con particolare attenzione alla psichiatria, alla infettivologia e alla ginecologia; per quanto concerne Parma, essendo un centro clinico e con soggetti sottoposti a un regime di massima sicurezza, l’ASL fornisce solo prestazioni di psichiatria e infettivologia.

Sempre nel 2007, è stato confermato il Protocollo per l’Assistenza Farmaceutica in carcere, siglato nel 2005 fra il presidente della Regione e il capo dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, per la fornitura dei farmaci di fascia A e H, nonché delle prestazioni di laboratorio.

L’assessorato alla Salute della Regione è impegnato nel fornire il supporto e i finanziamenti all’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia.

 LE DENUNCE SULLA SITUAZIONE DELLE CARCERI IN REGIONE DA GIUGNO 2009 AD OGGI

– Il 6 giugno 2009, nel carcere di Bologna, a causa dei tagli governativi, per chi sta dietro le sbarre , non ci sono i soldi nemmeno per dentifrici, saponi e pentole. Ai detenuti viene consegnato il ricavato di una colletta fatta in città. L’appello era stato lanciato alla fine del 2008 da Roberto Morgantini della CGIL e da Desi Bruno, Garante per i diritti delle persone private della libertà.

 – Il 12 giugno 2009, il Direttivo della Camera Penale di Bologna “Franco Bricola”, fa uscire una nota, in cui si afferma: “Nella Regione Emilia-Romagna il sovraffollamento ha raggiunto limiti non più tollerabili; il principio rieducativo della pena, costituzionalmente garantito, è conseguentemente disatteso stante l’esiguo numero di educatori e di agenti di polizia penitenziaria, già sotto organico in condizioni di normalità, oggi assolutamente insufficienti rispetto al numero delle persone ristrette, peraltro costretti anch’essi a vivere ed operare in una situazione di disagio, oltre a non adempiere le funzioni loro assegnate; la Casa Circondariale di Bologna ha superato di gran lunga la capienza tollerabile; tale situazione determina condizioni di vita inaccettabili, tant’è che già nel mese di gennaio 2009 alcuni parlamentari in visita al carcere di Bologna presentavano interrogazioni sia al Senato che alla Camera con le quali denunciavano la mancanza di elementari condizioni di vivibilità, quale ad esempio l’utilizzazione dei servizi igienici per la conservazione di generi alimentari; tale situazione è nota e perdura da tempo atteso che nel dicembre 2007 il Sindaco del Comune di Bologna ebbe ad emanare ordinanza relativa al degrado igienico-sanitario del carcere di Bologna; il “Piano Straordinario del Governo” per affrontare il sovraffollamento negli Istituti di Pena, prevedendo la costruzione di nuove strutture e di nuovi padiglioni nelle aree verdi degli Istituti già esistenti, fra i quali anche il carcere di Bologna con previsione di aumento di numero 200 posti, manifesta, ancora una volta, la mancanza di una volontà politica di affrontare con serietà i problemi legati alla detenzione; fra l’altro, per costruire nuovi padiglioni, ivi compreso quello presso il carcere di Bologna, vengono distolti 100 milioni di Euro dalla Cassa Ammende – per Bologna la previsione di spesa è di 10 milioni di Euro provenienti dalla Cassa Ammende – e destinati all’edilizia penitenziaria, snaturando in tal modo la finalità perseguita dalla Cassa Ammende che, come noto, è anche quella di porre in essere progetti per l’assistenza alle famiglie dei detenuti e programmi per il loro reinserimento; se è pur vero che nuove strutture vanno costruite, va sottolineato che le stesse dovranno servire in primis ad eliminare alcune di quelle esistenti, oggi fatiscenti e non recuperabili, mentre l’iniziativa è del tutto inutile per affrontare il problema del sovraffollamento in quanto, stante l’incremento progressivo e costante della popolazione detenuta, si dovrebbe continuare a costruire all’infinito…”.

 – Il 14 giugno 2009 escono dati allarmanti sulla situazione di sovraffollamento nelle carceri dell’Emilia-Romagna:

* Detenuti al 31/3/2009, 4.372 (capienza regolamentare prevista 2.308)

* Detenuti al 31/6/2006 (subito prima dell’indulto) 4.053

Di cui

Bologna 1.068 (capienza regolamentare prevista 494)

Castelfranco Emilia 139 (capienza regolamentare prevista 112)

Ferrara 489 (capienza regolamentare prevista 256)

Forlì 220 (capienza regolamentare prevista 135)

Modena 534 (capienza regolamentare prevista 222)

Parma 463 (capienza regolamentare prevista 318)

Piacenza 401 (capienza regolamentare prevista 178)

Ravenna 145 (capienza regolamentare prevista 59)

Reggio Emilia 645 (capienza regolamentare prevista 293)

Rimini 280 (capienza regolamentare prevista 123)

A tre anni dall’indulto, la situazione è ancora più drammatica di prima.

 – Il 13 luglio 2009, in un comunicato della Garante di Bologna Desi Bruno, viene denunciata la grave emergenza sanitaria nella casa circondariale della Dozza. Nella nota si parla che, a causa del forte sovraffollamento, è di fatto vanificato il progetto sul “presidio dei nuovi giunti”. Prima, i detenuti appena arrivati in carcere venivano sottoposti a screening infettivologico (per evitare la propagazione di malattie infettive), venivano effettuati colloqui psicologici. Nella stato attuale i “nuovi giunti” vengono ammessi nella struttura senza aver completato l’iter diagnostico-terapeutico o vengono addirittura trasferiti subito nelle sezioni comuni. Secondo la Garante, in questo modo si espone la popolazione detenuta ad un elevato rischio di malattie infettive contagiose, nello specifico la TBC polmonare. Altra degenerazione del sovraffollamento è l’inesistenza di fatto del reparto di infermeria. Dove prima erano ricoverati i detenuti affetti da patologie croniche o da patologie gravi, i convalescenti dimessi dagli ospedali, i detenuti sottoposti a cure intensive ma brevi, ora, per la necessità di posti letto, viene allocato chiunque. E, così, da 40 posti letto contenuti nella sezione, si è passati ai 115 attuali, con punte di 125. Altri dati drammatici parlano di 4 persone recluse in una cella di 9 metri quadri e 16 materassi che sono stati messi a terra.

 – La notizia della grave emergenza sanitaria viene ripresa da tutti i giornali, il 22 luglio 2009, dopo che la Garante Desi Bruno, fa visita con direttore sanitario al reparto Infermeria del carcere. In quella giornata, a fronte di una capienza di 482, i detenuti alla Dozza sono 1.200. Viene denunciato un aumento di casi di TBC.

 – Il 1° agosto 2009, per protestare contro il sovraffollamento, le detenute della Dozza annuncianciano una protesta, attraverso la battitura delle sbarre, che durerà per almeno 15 giorni. In una lettera alla città le recluse della sezione femminile denunciano di rimanere chiuse nelle celle per 20 ore al giorno.

 – Il 15 agosto 2009, il parlamentare Marco Beltrandi, dopo una visita al carcere della Dozza, dichiara: “I detenuti sono allo stremo, alla Dozza la vita è un inferno. Ci sono condizioni igienico-sanitarie difficili, problemi di integrazione e quasi nulle sono le opportunità lavorative”. Nella stessa giornata, il medico Vito Totire presenta un esposto sulle condizioni del carcere alla Procura della Repubblica di Bologna.

 – Il 18 agosto 2009 viene effettuata un’altra visita da parte di parlamentari al carcere bolognese, il primo commento è: “siamo arrivati in un girone dantesco… è impensabile vivere con più di 30° gradi di temperatura e la spazzatura che viene lasciata marcire sotto le finestre”. Per quanto riguarda il personale di polizia penitenziaria, si parla della mancanza di circa 200 agenti. Vengono denunciate situazioni di turni massacranti in cui un solo agente di polizia penitenziaria deve controllare da solo una sezione con 25 celle. Viene confermato che lo spazio per i “nuovi giunti” non esiste più e che l’infermeria viene utilizzata per altri scopi.

Nella stessa giornata, la Garante Desi Bruno torna ad intervenire: “Il piano per 200 nuovi posti alla Dozza è inutile, ci sono già oltre il doppio dei detenuti in esubero. Siamo al record storico di presenze nell’Istituto bolognese. Si tratta di una situazione molto pesante che, a causa del sovraffollamento e del caldo, è ai limiti della sopportabilità umana. Se poi si pensa che su 1193 detenuti, 900 sono in attesa di giudizio, si capisce che il problema sono le leggi che regolano la giustizia del nostro paese. Il carcere non può reggersi sulla buona volontà delle associazioni che regalano lavatrici e pentole. Bisogna cambiare il codice penale, le leggi sull’immigrazione e sulle droghe”.

 – Il 26 agosto 2009, Desi Bruno prende ancora la parola e questa volta lo fa sul problema dei tagli ministeriali all’istruzione, raccogliendo una segnalazione delle RSU delle scuole medie superiori Keynes di Castelmaggiore e dell’istituto comprensivo 10 di Bologna. I detenuti si trovano infatti con la metà degli insegnanti a disposizione e, per le donne, senza i corsi di scuola media.

 – Il 31 agosto 2009, viene pubblicata una lettera dei detenuti della Dozza sul quotidiano Il Resto del Carlino. Gli scriventi si domandano come possano vivere 3 persone in 7 metri quadrati. I firmatari del documento si dicono “stremati” da una situazione “insostenibile sia per noi che per l’amministrazione penitenziaria”. I detenuti definiscono il trattamento “umiliante e degradante e molto poco igienico”.

 – Il 1° settembre 2009, Francesco Morelli (Centro Studi di Ristretti Orizzonti), interviene sul giornale on-line Fuoriluogo.it: “Settembre è iniziato con l’ennesimo “record” negativo per le carceri italiane: i detenuti sono oramai 64.000. L’aumento dall’inizio del 2007 è stato di 25.000 persone, molte di più dei posti che dovrebbero essere creati dal “piano carceri”, che dovrebbe essere discusso in Consiglio dei Ministri entro la metà del mese. Un “piano” che dovrebbe portare alla creazione di 17.000 nuovi posti detentivi, con una spesa di circa un miliardo e mezzo di euro. Ma i soldi a disposizione, a conti fatti, sono soltanto 320 milioni (200 arrivano dal F.A.S. e 120 dalla Cassa delle ammende), per il resto il Governo conta di ottenere l’aiuto dei privati (Confindustria?) e dell’Unione Europea, ma da entrambi finora non sono arrivate parole chiare… piuttosto dei “vedremo” e “se ne parlerà”.

Naturalmente nessuno ha pensato che, oltre a costruire nuove celle, si porrà il problema del mantenimento e della sorveglianza dei 20-30 mila detenuti in più “ospitati” nelle galere. Per chi non lo sapesse, il costo medio giornaliero di un detenuto si aggira sui 150 euro, per cui è facile calcolare quanto costerà questo ampliamento del sistema penitenziario: ogni anno servirà un altro miliardo e mezzo di euro, per il funzionamento “a regime”… e almeno 10.000 agenti in più, oltre che a centinaia e centinaia di nuovi impiegati, educatori, dirigenti, etc.

Per la disastrata economia italiana, insomma, un bel “salasso” di cui non ci sarebbe bisogno. Perché una diversa soluzione sarebbe possibile e in molti – almeno a parole – concordano: le “misure alternative” alla detenzione sono più efficaci in termini di riduzione della recidiva, costano di meno, consentono alle persone condannate di fare qualcosa di utile per la società e le vittime dei reati, e così via…

Purtroppo queste rimangono mere dichiarazioni di intenti, perché alla prova dei numeri ci accorgiamo che dopo l’indulto del 2006 le misure alternative sono state concesse con il “contagocce”: in 3 anni i detenuti sono passati da 37.000 a 64.000 (aumentando di ben 27.000), mentre i condannati a pene extra-carcerarie sono rimasti intorno ai 10.000, nel bilancio tra le misure “esaurite” e quelle che sono iniziate”.

 – Il 9 settembre 2009, sulla Gazzetta di Modena, esce un articolo in cui si dà notizia che quasi il 10 per cento della popolazione carceraria dell’Emilia-Romagna, è detenuta nella struttura modenese di S. Anna, che ormai sta “esplodendo”. Dopo gli allarmi lanciati dalla delegazione di esponenti politici e dei radicali che lo scorso ferragosto hanno visitato le strutture detentive modenesi (oltre al carcere, le case di lavoro di Saliceta S. Giuliano e Castelfranco), ora l’allarme “sovraffollamento” (anche 6 detenuti in una cella di 20 metri quadri), è confermato dai dati statistici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria degli istituti penitenziari italiani. Questi dati spiegano come siano 12 le regioni che hanno superato la capienza tollerabile e tra queste l’Emilia-Romagna con 4.652 detenuti.

Di questi ben 528 si trovano nella struttura di via S. Anna. In regione il carcere modenese è secondo solo a quello del capoluogo. Il dato è tanto più preoccupante quando si pensa al limite di tollerabilità massima di S. Anna: 404 persone, a fronte di una capienza regolamentare di 222 detenuti. Il sovraffollamento ha raggiunto cifre record anche nelle due strutture di Saliceta e Castelfranco. A preoccupare di più è la struttura di via Panni dove a fronte di una capienza di 68 posti con una tolleranza che può al massimo raggiungere le 91 unità, attualmente conta 112 persone internate.

 – In un dossier, curato dalla redazione del sito “Orizzonti Ristretti”, si apprende che da gennaio a settembre 2009 nelle carceri italiane si sono tolti la vita 56 detenuti, 24 in più rispetto ai primi 9 mesi dello scorso anno e 25 in più rispetto allo stesso periodo del 2007. Di questo passo a fine anno arriveremo a un numero di suicidi superiore a 70, un triste “primato”, mai registrato nelle nostre galere.

 – Il 1° ottobre 2009, esce un appello delle associazioni Forum Droghe, Antigone, Arci, Gruppo Abele per “liberare i tossicodipendenti in carcere e potenziare le misure alternative”. “Sono almeno 10 mila – ha detto Franco Corleone di Forum Droghe – i detenuti tossicodipendenti in carcere che potrebbero usufruire dell’affidamento speciale previsto per chi deve scontare una pena inferiore a 6 anni. Per risolvere il problema del sovraffollamento non bisogna costruire nuove carceri: la priorità assoluta è svuotarle delle persone che non ci devono stare. Il Governo deve assumere le sue responsabilità”.

Secondo Sandro Margara, già capo del Dipartimento di Amministrazione penitenziaria, la Fini- Giovanardi è una norma «insidiosa, che non può mediare con l’approccio terapeutico e la comprensione del caso».

 – Il 9 ottobre 2009, la Garante Desi Bruno interviene sulla situazione del “reparto alta sicurezza femminile” del carcere della Dozza: “… verificato lo stato delle attuali condizioni di detenzione del reparto e assunte informazioni sulle attività trattamentali di cui le detenute possono fruire, si ritiene che il permanere della struttura sia incompatibile con quanto previsto dall’Ordinamento penitenziario e dal regolamento di esecuzione. Le detenute sono nell’ordine di una decina, quasi tutte lontane dai luoghi di residenza familiare e con difficili rapporti affettivi, per ragioni economiche, sociali e familiari. L’isolamento di questa sezione, ulteriore rispetto al regime differenziato a cui sono sottoposte per il titolo di reato, non è accettabile.

Si tratta di una violazione palese visto che le detenute stanno in cella 20 ore su 24, celle inadatte, piene di umidità e muffa, con presenza di scarafaggi, anche nel cibo, e topi, nonostante i recenti interventi di manutenzione. In queste condizioni è rimasta per molti mesi una madre con un bambino di soli due anni, situazione intollerabile che non deve ripetersi più. Anche le condizioni nell’ora d’aria sono tutt’altro che civili. Non esiste una tettoia per il riparo dalla pioggia e le attività sono di fatto quasi tutte insesistenti…”.