Acabnews Bologna

Il weekend delle assemblee nazionali

Tra sabato e lunedì in città le riunioni della rete Abitare nella crisi, del Laboratorio nazionale per lo Sciopero sociale e del network StudAut. Intanto, operatori sociali: “Azioni come sgombero dell’ex Telecom distruggono il nostro lavoro”.

29 Ottobre 2015 - 15:29

Largo ai precari (repertorio Zic.it)“Siamo felici di annunciare alla città che domenica 1 novembre al Lab Crash ospiteremo l’assemblea nazionale dei movimenti per il diritto all’abitare. Occupanti, inquilini resistenti e attivisti da tutta Italia si riuniranno per discutere della lotta per la casa e il reddito”. Così una nota inviata stamane da Social Log.

Si legge nel testo di convocazione dell’incontro nazionale, a firma Abitare nella crisi: “Dopo le importanti giornate di lotta per il diritto all’abitare che hanno caratterizzato l’inizio d’autunno con cortei, occupazioni abitative, resistenze agli sgomberi e picchetti antisfratto, la rete Abitare nella crisi s’incontra per un’assemblea nazionale a Bologna il 1 novembre, dopo l’importante resistenza messa in campo dagli abitanti dell’ex Telecom occupata”.

Quello di domenica è “un momento di confronto e di rilancio dell’iniziativa – prosegue il testo – sulla spinta data dalle ultime mobilitazioni contro l’articolo 5 e il piano casa di Renzi e Lupi, dettato dalla necessità di intervenire in una condizione crescente di impoverimento di milioni di persone, impossibilitate ad avere una casa e i servizi essenziali, e dal rischio crescente di strumentalizzazione del disagio sociale. Nonostante il cambio di guida al ministero delle infrastrutture non ha prodotto finora alcuna discontinuità e anzi sembra rafforzarsi la posizione del NCD nella gestione delle questioni sociali esclusivamente attraverso l’ordine pubblico, la settimana di mobilitazione “Prima i poveri”- terminata con la manifestazione a palazzo Chigi del Kidzbloc- e le numerose iniziative territoriali in tutta Italia hanno riaperto la possibilità di una battaglia concreta per la cancellazione dell’infame articolo 5 e posto con forza la necessità di una moratoria sugli sfratti”.

Appuntamento quindi “domenica alle ore 10 al Laboratorio Crash di Bologna per un’assemblea di connessione, di stimolo e rilancio del conflitto contro il Partito della Nazione di Renzi e le micidiali ricette di austerità- sancite dalla legge di stabilità che sta per andare in questi giorni al Senato- che pongono la necessità di un confronto capace di fare del conflitto sociale e delle pratiche di riscatto agite sul terreno del diritto all’abitare, del contrasto al saccheggio del territorio e della riscossa contro la devastazione dei diritti, una minaccia all’altezza della sfida aperta dai signori della rendita e dell’austerità”.

L’assemblea nazionale di Abitare nella Crisi non è l’unico appuntamento nazionale in calendario in città per questo finesettimana: dalle 10.30 di sabato il Tpo di via Casarini 17/c ospita un nuovo Strike Meeting.

Recita l’appello per la due giorni: “Una nuova fase, segnata dal Partito della Nazione guidato da Renzi, si sta delineando nel nostro paese con un piano delle riforme a tutto campo che tocca molti nodi, dalla scuola ai servizi pubblici e ai beni comuni, dai diritti sul lavoro – pensiamo al diritto di sciopero – al salario e al welfare. Questo attacco, mascherato dalla stucchevole propaganda della ripresa, non trova, se non in forme parziali e insufficienti, resistenze e possibili vie di fuga. Per questo è necessario riprendere il cammino e ripartire. Ripartiamo da un nuovo strike meeting!”

Dunque, “rimettere al centro della nostra agenda e del nostro agire l’esperienza dello Sciopero Sociale è il primo obiettivo che si pone il prossimo Strike Meeting: il lavoro iniziato lo scorso autunno e proseguito fino ad ora non è di certo esaurito e deve necessariamente trovare nuova linfa da una discussione che ci auguriamo ricca e immediatamente pratica, in grado di essere una verifica del lavoro fatto ma capace di rilanciare verso un nuovo autunno di mobilitazione sociale e un nuovo processo organizzativo. Le esperienze diffuse di mutualismo, di autorganizzazione, di sindacalismo sociale e conflittuale sono il nostro punto di partenza e vivono quotidianamente negli sportelli legali e in quelli del diritto all’abitare, nelle scuole di italiano con i migranti e nelle occupazioni di case, nei picchetti davanti ai cancelli dei magazzini della logistica e nelle lotte per i permessi di soggiorno, nelle battaglie dei lavoratori autonomi e delle finte partite IVA. Lo sciopero sociale del 14 novembre 2014 ha avuto la capacità di ricomporre nella frammentazione del mercato del lavoro un universo di precari e precarie che per la prima volta hanno visto nello sciopero una possibilità di insubordinazione. Ora si tratta di ripensare i nostri strumenti e i nostri discorsi a partire dall’esigenza di comunicare con le diverse figure del lavoro che non si sentono immediatamente coinvolte nel nostro percorso. Si tratta, ancora, di creare le condizioni locali di un processo di organizzazione europeo, come quello che si è delineato a Poznan nella prospettiva di uno sciopero sociale transnazionale. Davanti a noi abbiamo la possibilità di dare concretezza ai processi di organizzazione che abbiamo avviato nell’ultimo anno e possiamo farlo a partire dalle campagne che tracceremo insieme in questa due giorni di assemblee e workshop, e dalle gambe che riusciremo a dare a tali campagne nella agenda comune. Abbiamo bisogno di demistificare il Jobs Act: i dati che la realtà ci consegna sono ben diversi dalla felice retorica renziana. L’incremento dei tassi di occupazione, di cui Renzi va così fiero, proviene da nuovi contratti lavorativi precari e sotto-pagati, stipulati grazie agli incentivi fiscali, alle decontribuzioni e i bonus occupazionali che il governo concede alle imprese. C’è necessità di smascherare e denunciare il business della disoccupazione giovanile che si cela dietro il programma Garanzia Giovani e gli stage che diventano uno strumento di ricatto o nascondono lavoro gratuito, celandosi dietro all’economia della promessa. Aprire una battaglia sul reddito e farlo nella sua dimensione estensiva, agganciandola alla lotta per un salario minimo e un welfare europei e per un permesso di soggiorno senza condizioni, per sovvertire quei rapporti di forza che trasformano il reddito in una nuova forma di workfare. Mentre nelle scuole si fanno barricate contro la riforma renziana e nelle università si rimette al centro il diritto allo studio minato dai nuovi indicatori ISEE, mentre il mondo del lavoro cosiddetto tradizionale vede nei prossimi rinnovi contrattuali dei meccanici e della funzione pubblica un imminente terreno di scontro, mentre i migranti sfidano ogni giorno il regime dei confini e il governo europeo della mobilità lo strike meeting può essere lo spazio per riconnettere esperienze e percorsi, per produrre iniziative che siano parte di un percorso verso un nuovo, più largo ed efficace, sciopero sociale”.

Domenica e lunedì, infine, è tempo di assemblea nazionale anche per la rete studentesca StudAut, anch’essa ospite al Laboratorio Crash: “Le prime date di mobilitazione dell’autunno hanno inaugurato una nuova fase della lotta alla ‘Buona Scuola‘, portando il livello della contestazione maggiormente dentro gli istituti, dove già da Settembre si sono iniziati a vedere i primi effetti della riforma. A causa di anni di tagli di fondi e di grandi promesse non mantenute, oggi la scuola non ha risorse per le palestre, per risistemare gli edifici cadenti e non a norma, per risanare una situazione generale che non permette di insegnare da parte dei docenti e da parte degli studenti ascoltare. Oltre alla riforma sulla scuola che porta aziendalizzazione, lavoro gratuito, banalizzazione e sintesi eccessiva dei programmi, sterilità degli ambienti scolastici a causa del preside-manager e della mancanza di servizi, il Governo Renzi ha già fatto altre leggi che vertono in questi direzione, ad esempio il Jobs Act che precarizza ancora di più tutto il mondo dei lavori e favorisce lo sfruttamento giovanile, oppure il Piano Casa che a causa dell’infame articolo 5 non permette agli studenti di ogni età di andare a scuola, accedere alla mensa scolastica, comprare i libri, ad usufruire di servizi sanitari e sociali”.

Proseguono gli studenti: “Il 2 Ottobre siamo scesi in piazza in tantissime città d’Italia per ribadire il nostro netto rifiuto a queste politiche e per pretendere fondi per la scuola, l’emergenza abitativa, l’assistenza sanitaria e sociale, andando a sanzionare in maniera diversificata molti luoghi che gestiscono questi ambiti come Provveditorato, sedi del PD, Unindustria, centri per l’impiego. Il secondo corteo, già il 9 Ottobre, ha raccolto la rabbia cresciuta grazie al 2 ha permesso un ulteriore presa di parola da parte degli studenti che insieme alla solidarietà di universitari e professori. Dopo queste settimane iniziali dell’autunno ci sembra opportuno trovarci nuovamente in un’assemblea nazionale per discutere insieme dei temi che abbiamo sollevato e rilanciare le future mobilitazioni”.

Tornando allo sgombero dell’ex Telecom, abbiamo ricevuto anche un contributo di “Lusso di pensare”, gruppo di educatori e operatori sociali: “Da tempo ci interroghiamo su dove vanno i servizi educativi  e sociali di questa città, a quale pensiero si ispirino, intorno a quale idea di comunità si strutturino, secondo quale progetto di società. Osserviamo con sguardo critico ciò che sta avvenendo nella nostra città da tempo, ma gli ultimi eventi ci hanno turbati  perchè ci chiediamo se non siamo – come professionisti e cittadini aderenti al lusso di pensare- intenti a costruire una tela di Penelope. Mettiamo quotidianamente cura ed attenzione a svolgere con qualità e riflessività il nostro lavoro educativo e sociale, osserviamo le sperimentazioni e la creatività delle persone negli ambienti formali ed informali che come tutti ogni giorno attraversiamo con spirito di ricerca e desiderio di miglioramento. La nostra opera viene però distrutta puntualmente da azioni come quelle attuate il 20 ottobre del 2015 nei confronti delle persone e delle famiglie che vivevano nella palazzina dell’Ex Telecom da parte di istituzioni che “strappano” il nostro faticoso lavoro di tessitura negli ambiti collettivi e poi ci chiamano a “rattoppare” i disagi individuali. Sentiamo rispetto a queste azioni il nostro lavoro e il nostro impegno di cittadini attivi svuotato di senso e ci chiediamo se i nostri amministratori siano coscienti dell’ingiustizia sociale che contribuiscono ad accrescere mentre ipocritamente parole come cittadinanza attiva e sviluppo di comunità ci ubriacano come slogan vuoti da bere seduti in un aperitivo nel centro di una città lontana dalle periferie”.

Una ulteriore presa di posizione pervenutoci è quella dell’Ailes, Associazione per l’Inclusione Lavorativa e Sociale delle persone svantaggiate: “Non è sufficiente mettere in mezzo alla strada le persone per essere in pace con la propria coscienza legalitaria e dimostrarsi fedeli interpreti dell’interesse collettivo, quando il problema non solo rimane, ma si ingigantisce, con i rischi derivanti dalla disperazione di chi non sa dove andare e come vivere. Non si capisce per l’ex Telecom questa urgenza interventista, questa furia che ci lascia interdetti e dalla quale ci dissociamo. Come cooperatori sociali rimaniamo al fianco delle persone che hanno bisogno di aiuto, e lo facciamo tutti i giorni, costruendo percorsi di inclusione lavorativa e sociale, attivando i singoli, supportando le famiglie, con il sostegno reciproco, la mutualità solidale, non dissociate dalla legalità. Vorremmo che lo facessimo tutti, per’dire meno’ quello che si dovrebbe fare e ‘fare più’ quello che è concretamente possibile realizzare, date le circostanze, con e per le persone a rischio di esclusione, partendo dagli ultimi.”