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Il #26S “un corteo deciso e determinato” [audio+comunicato]

La promessa dei promotori della manifestazione di sabato, in risposta a misure cautelari e preventive degli ultimi mesi. L’8 novembre data nazionale della Lega in città: “Cacceremo Salvini un’altra volta”.

23 Settembre 2015 - 15:35

Conferenza stampa #Libertadidimora - Tpo (foto Zic)Partirà da piazza XX settembre alle 15.30 il corteo “della Bologna delle Libertà”, risposta di spazi sociali e collettivi cittadini alle molteplici misure cautelari e preventive inflitte negli ultimi mesi a diversi attivisti. “Se finirà in piazza Maggiore? Lo vedremo”, dice un’attivista di Libertà di dimora, oggi in conferenza stampa in Comune. Di questo e di altro si parlerà alle 18 di stasera, in Salaborsa, all’assemblea cittadina convocata dai promotori della manifestazione.

Sarà “un corteo deciso e determinato – spiega un ragazzo del Tpo – perché ciò che è successo è scandaloso. Però non deve essere un corteo di attivisti, ma aperto a tutti”.

Riguardo gli ultimi arresti e obblighi di dimora, quelli per le manifestazioni di ottobre 2014 contro Visco, Forza Nuova e Sentinelle in piedi, non c’è “nulla di cui pentirsi, è giusto cacciare i fascisti e gli xenofobi da una città come Bologna”. Gli attivisti puntano il dito contro “l’uso punitivo attraverso le misure cautelari a chi non ha condanne”, come una “anticipazione della pena”.

Sabato, promette ancora il Tpo, “liberiamo Bologna dalla cattiva politica, che cerca scorciatoie. Ma anche dagli abusi di potere”. I militanti del centro sociale accusano inoltre il vuoto della politica cittadina che, mostrando incapacità nell’affrontare problemi reali quali “lo sfruttamento, la riduzione del welfare e l’emergenza abitativa” attraverso strategie politiche, ricorre ai metodi polizieschi della repressione.

Il comitato No People mover, anch’esso presente in conferenza stampa, denuncia la volontà di “spezzare le reni al dissenso” quando “le priorità cittadine sono altre”.

Intanto si profila già una nuova data da cerchiare in rosso: quella dell’8 novembre, per il quale il leader leghista Matteo Salvini ha annunciato una manifestazione nazionale di partito sotto le Due Torri. “Quel giorno ci riprenderemo le strade di Bologna”, annunciano gli attivisti, per respingere “fascismo e xenofobia. Lo scorso anno abbiamo cacciato Salvini da Bologna, lo cacceremo anche quest’anno”.

> Gli audio della conferenza stampa:

 

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> Il comunicato diffuso in serata dal Tpo:

Liberiamo Bologna!

La citazione, scritta cinquant’anni fa, è di un magistrato ed è stata riportata da un altro magistrato all’apertura della stagione politica del TPO.
 Sono parole precise, di grande attualità: una giustizia che non arriva mai, che non coincide con la legge, che distribuisce sanzioni prima dei processi, che restringe libertà personali preventivamente.

Il clima a Bologna è rigido e si prevedono ulteriori rovesci. Il dato è semplice: qualcuno in città ha deciso di giocarsi una partita tutta politica sulla nostra pelle, sicuramente facendo male i propri conti. Le ultimissime misure cautelari colpiscono attivisti che nei mesi scorsi, in varie occasioni, hanno manifestato al servizio di istanze sociali e democratiche, sulle quali oggi ricomincia l’esercizio di storytelling viziato e tanto alla moda. D’altronde i lavoratori del Colosseo che scioperano sono narrati come irresponsabili che interrompono il servizio pubblico del turismo provocando gravi danni alla cultura (quasi inficiando la strenua lotta del governo e della politica tutta per la difesa del nostro vasto patrimonio culturale); ugualmente il 18 ottobre Bologna è stata “saccheggiata” da barbari delinquenti; oppure il 18 giugno decine di persone, sgomberate militarmente da uno stabile degradato da loro ristrutturato e reso abitabile, hanno “bivaccato” sui viali cittadini.

Di nuovo strali velenosi si levano dai giornali, subito sostenuti da alcuni esponenti politici: “quanta violenza!”, “basta difendere i criminali”, seguendo la nota logica di sbattere il mostro in prima pagina o nella galleria fotografica.

Da quando il primo provvedimento ha colpito Gianmarco, stiamo scrivendo e discutendo di un argomento preciso: dov’è la politica? Chi governa la città? Quali equilibri sono saltati? Che ruolo ha il dissenso in democrazia?

Le recenti misure cautelari, arrivate ad un anno dai fatti, contengono un messaggio: stiamo dando fastidio e nelle stanze dei bottoni si è pensato di punirci proprio per questo. Oppure, meglio ancora, si è pensato di sacrificare noi sull’altare della debolezza politica dell’amministrazione cittadina. Il capro espiatorio da immolare per far capire chi comanda, per dimostrare che la Questura e la Procura hanno completa libertà di azione. La dimostrazione di quanto scriviamo, sulla quale i giornali forse hanno speso poche battute, è l’inaudita aggressività con cui questi provvedimenti sono stati eseguiti: andare a prelevare Gianmarco all’interno della propria attività piena, presentarsi con irruenza nella casa di un altro compagno e trattarlo come un pericoloso criminale paventando la possibilità di ammanettarlo è un sintomo del male di cui stiamo parlando da giorni.

Su temi così importanti, la città intera, disponibile e attenta ai diritti e alla partecipazione, si dovrebbe interrogare. Dove vogliamo posizionare il dissenso e l’attività politica dal basso? Non possiamo lasciarli sui tavoli dei magistrati e dei pm, che li gestiranno come strumenti di governo del nostro territorio. Davanti a bisogni sociali inevasi dalla politica è il momento di ridefinire il dibattito cittadino mettendo al centro tutto ciò. La conflittualità è motore di avanzamento della democrazia, poiché crea nuova norma che sancirà nuovi diritti, nonostante viviamo un tempo in cui anche quelli più basilari sono erosi.

La guerra politica fra i poteri cittadini è evidentemente in corso, e forse qualcuno si illude che le carte dei magistrati e le intimidazioni giudiziarie ci possano distogliere dagli impegni che abbiamo. Si crede di aver trovato l’incudine da battere per spostare a destra il governo della città, immaginando anche di provocare reazioni scomposte per misurare le nostre “reali intenzioni”.
In realtà il nostro sguardo è già altrove e punta dritto al cuore del problema: riempire il vuoto lasciato da una politica vecchia e incapace di parlare dei veri bisogni e desideri della città. Non esistono scorciatoie o soluzioni precostituite, il passato è alle spalle e tocca sperimentare nuove forme di partecipazione dove a prendere parola sia chi quotidianamente lotta per una Bologna migliore. Apriamo i nostri orizzonti, l’Europa ci offre suggestioni interessanti, l’esempio di Barcellona è sotto gli occhi di tutti. Chi dal basso costruisce alternative concrete alla crisi deve riprendere finalmente in mano il governo delle proprie vite.
Sicuramente rifiutiamo di essere i personaggi del romanzo poliziesco che si sta intessendo: non viviamo di intenzioni, non abbiamo ombre, come testimoniano la nostra progettualità e l’esistenza ventennale del TPO; l’eresia e la capacità di cambiare rotte, elementi costitutivi di quello che siamo, provocano difficoltà a chi ricorre a strumenti di lettura sfocati. Le nostre ambizioni volano più in alto, sfuggono ai dispositivi discorsivi e giudiziari, messi in campo.

Invitiamo tutti e tutte a partecipare al corteo cittadino di sabato 26 settembre indetto dalla campagna Libertà di dimora, perché riprendersi le strade può essere un piccolo passo per dire forte e chiaro: liberiamo Bologna! Liberiamo la nostra città dalla cattiva politica, quella che si ritrae nel silenzio o nella corruzione; liberiamola dagli abusi di potere di chi pretende di decidere senza la dialettica del confronto democratico; liberiamo Bologna dal malaffare, quello degli appalti truccati e dello sfruttamento. È tempo di costruire democrazia.

Tpo