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Human Motor, corpi “da favola” [audio]

In piazza del Nettuno, performance comunicativa dei collettivi Mujeres Libres e FrangettEstreme. Un invito alla riflessione tra corpi normati e corpi normali, corpi usati e corpi auto-narrati. Noi li abbiamo intervistati.

10 Dicembre 2012 - 10:09

Nato come evento di contestazione dal basso della Fiera del Motore, lo Human Motor si caratterizza da qualche anno anche per la critica all’immagine sessista veicolata dalla Fiera, sintetizzabile dal celebre slogan “Donne e motori…”.

Il collettivo femminista Mujeres Libres e il collettivo politico-artistico queer FrangetteEstreme erano in piazza del Nettuno sabato pomeriggio, in parallelo con la ciclica critical mass, dove hanno messo in scena un flash-mob déguisé per invitare alla riflessione donne e uomini sui nostri corpi e sul modo in cui li percepiamo e al rapporto con i corpi che invece vengono usati per vendere le merci, accompagnare i prodotti e sponsorizzare eventi.

L’azione fa parte della campagna “Schifosa Pubblicità Sessista” che mira a decostruire e liberare i corpi delle donne usate in pubblicità.

Donne perfette accanto a vetture perfette, perfino nel linguaggio il corpo femminile diventa una macchina: carrozzeria, interni in pelle, decapottabile, a iniezione o a scoppio ritardato. Termini con ambigui riferimenti sessuali (e sessuati) se ne possono trovare molti.

L’immagine femminile è quella delle curve disegnate di un Gran Premio, senza imperfezioni, perfettamente compresa negli standard decisi dagli ingegneri delle gallerie del vento della società dello spettacolo. Spesso persino ritoccati a posteriori grazie alle tecnologie digitali: il Photoshopping è una pratica sempre più frequente per produrre le immagini dei corpi utilizzati in pubblicità, le immagini quindi che devono guidare il consumo degli uomini, attirandoli, ma anche delle donne, fornendo loro modelli irreali a cui ispirarsi.

I corpi raccontati dalla pubblicità sono “favolosi” anche nel senso che “raccontano un sacco di favole”: i corpi femminili, reali, non assomigliano quasi mai a quelli della pubblicità, e soprattutto non possono essere “corretti” con la gomma virtuale dei programmi di grafica digitale.

Le attiviste femministe e queer hanno provato a portare in piazza nuove storie, nuove narrazioni. Per prima cosa partendo da quegli elementi che vengono definiti e vissuti come difetti: peli, forme arrotondate, organi sessuali “in più”. Il primo passo per uscire dalla dittatura dei corpi “da favola” è accettare l’immagine che abbiamo dei nostri corpi, con le loro imperfezioni che li rendono unici e irripetibili (e non ritoccabili).

In secondo luogo, lanciando la provocazione nel segno della fantasia e della creatività: di fronte a corpi, quelli delle pubblicità, altrettanto falsi e finti, perché non possiamo immaginarci con i capelli blu e la pelle a macchie di leopardo?

 

I corpi parlano e si raccontano e noi, sabato, li abbiamo voluti intervistare:

 

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