Acabnews Bologna

Fase due, dal governo “quel poco che c’è viene dato con il contagocce”

Lo denuncia Usb, stamattina in presidio insieme a Noi Restiamo prima in Prefettura poi alla sede di Ancora servizi che ha sanzionato i lavoratori per aver scioperato. Intanto, Rete Bessa e Coordinamento Precari/e hanno affisso sui cancelli delle scuole cartelli sulle criticità della ripartenza. Servizi educativi, Sgb contesta ricalcolo ore.

20 Maggio 2020 - 19:04

È tornata come annunciato oggi in piazza Usb, nel cinquantesimo anniversario dello Statuto dei lavoratori, manifestando contro il decreto rilancio entrato oggi in vigore e che “dà soldi alle imprese e briciole ai lavoratori”.

“Quel poco che c’è viene dato col contagocce, rispetto al calo del reddito e all’impossibilità di pagare gli affitti e i mutui – spiega il sindacato – per questo serve un intervento pubblico vero” per “sicurezza sul posto di lavoro, garanzia del salario del reddito, questione del carovita”.

La manifestazione ha avuto luogo prima sotto la Prefettura e in piazza del Nettuno e poi davanti alla sede della cooperativa sociale Ancora, che nelle scorse settimane aveva contestato per assenza ingiustificata un delegato sindacale e lavoratori e lavoratrici che avevano scioperato per le condizioni di sicurezza del servizio.

Scrive il sindacato in un comunicato diffuso in serata: “Tante e tanti in piazza sotto la prefettura di Bologna: operatrici e operatori hanno preso parola per denunciare le condizioni in cui versano i salari tagliati, con i conti in banca a secco in attesa del Fis che a tre mesi di distanza, e nonostante le promesse, non è arrivato; per rivendicare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, spesso lasciata alla valutazione calata dall’alto delle Asp e delle Asl, passate attraverso l’autocertificazione alle Prefetture, come nel caso dei servizi del Sistema Accoglienza; e ancora, per denunciare i protocolli di riapertura dei centri estivi e dei centri diurni per disabili, stilati nel chiuso delle stanze della Regione, che non ha coinvolto la base delle educatrici e degli educatori dei servizi che a breve riapriranno, che torneranno a lavoro senza la minima garanzia del salario pieno e del monitoraggio della salute, attraverso la predisposizione dei tamponi: anche qui, utenti e operatori autocertificheranno il proprio stato di salute. Per non parlare dei lavoratori dei centri diurni per anziani, lasciati da tre mesi senza servizio, spesso senza salario e ammortizzatori, e soprattutto senza la prospettiva di una ripresa delle attività in sicurezza”.

Prosegue il testo: “Dopo una animata assemblea durata circa due ore una quarantina di operatori e operatrici si sono spostati sotto la sede della cooperativa Ancora servizi per dimostrare la propria solidarietà ai lavoratori sanzionati per aver scioperato, lo scorso marzo, in un momento di estrema difficoltà per tutti gli operatori dei servizi essenziali domiciliari e residenziali. La cronaca di quei giorni ha consegnato alla memoria di tutti la scarsità dei DPI, in particolare delle mascherine chirurgiche, e nessun adeguamento delle procedure di intervento. Di lì a poco l’esplosione dei focolai di Covid-19 nelle cra/rsa per anziani ha dimostrato a tutti quanto la predisposizione immediata di corrette procedure e percorsi, nei contatti con questa utenza fragile, avrebbe potuto evitare la tragedia. Il rumoroso presidio ha costretto la cooperativa a convocare un incontro immediato con una delegazione, durante il quale però i responsabili della cooperativa, dimostrando un piano di aderenza alla realtà molto fragile, hanno confermato la pretesa legittimità di contestare e sanzionare uno sciopero che secondo loro ‘non andava convocato’. Un grave attacco al diritto di sciopero e alla funzione di un sindacato come USB che, nell’emergenza dei mesi scorsi, invece di prestarsi alla cogestione degli interessi delle aziende firmando protocolli e procedure “condivise”, ha messo davanti a tutto il diritto alla salute e alla sicurezza dei lavoratori. Ma c’è di più: la cooperativa ha dichiarato che non uno dei suoi operatori ha contratto il virus, e che non uno degli utenti delle sue strutture (gestite come Consorzio Blu) e dei suoi servizi è morto! Un pano di dissociazione dalla realtà che riteniamo molto pericoloso, sia per i Comuni, che per le Asp e le Ausl, che fruiscono dei servigi di questa impresa, che per il Consorzio Aldebaran di cui Àncora è partner nella gestione del servizio di assistenza domiciliare. La realtà, di cui per fortuna non siamo gli unici osservatori, è altra cosa: i contagi tra gli operatori, così come le loro ospedalizzazioni, si sono verificati eccome (basterebbe tirare fuori i dati sulle malattie e la percentuale di tamponi effettuati tra gli operatori). Il vero scandalo, secondo i rappresentanti di questa cooperativa, sarebbe che ‘nessun sindacato ha speso una sola riga per ringraziare la cooperativa per quello che ha fatto per i lavoratori e gli utenti’.

Si legge in conclusione: “Francamente siamo preoccupati. Affermazioni di questo tipo potrebbero strapparci il sorriso se fossimo in “normali condizioni” di dialettica sindacale, ma il momento storico richiede serietà e lucidità: negare l’evidenza delle morti nelle strutture, negare ad un sindacato che ha tra i propri iscritti chi è stato messo a rischio e ha contratto il virus è troppo. Per questo motivo già nei prossimi giorni andremo a chiedere conto ai soggetti istituzionali che hanno rapporti con questa cooperativa precise garanzie sull’accertamento delle responsabilità per tutti i fatti legati al Covid. Chiaramente, tutte le sanzioni ai lavoratori verranno impugnate, e tutte le sedi adite fino al loro ritiro, fino alla vittoria”.

C’era anche Noi Restiamo, “per rivendicare a gran voce, come giovani, studenti e lavoratori precari diritti e dignità – scrive il collettivo – diritti che ci venivano negati già prima di questa emergenza sanitaria e sociale che ha fatto emergere tutte le contraddizioni che una grande fascia della popolazione vive, e a cui è impedita la possibilità di costruire una vita degna. Come giovani generazioni nasciamo inseriti in un mondo del lavoro precarizzato, dove per noi esistono unicamente contratti atipici, a nero, senza alcuna tutela, fatti di sfruttamento e salario da fame.Davanti a tutto questo ogni volta che alziamo la testa e proviamo ad organizzarci per rivendicare i nostri diritti, l’unica risposta che ci viene data sono sanzioni e repressioni. Lo abbiamo visto anche con William, lavoratore della cooperativa Ancora Servizi e delegato dell’USB, che durante l’emergenza Covid19 ha scioperato, assieme ad altri colleghi, denunciando l’assenza di misure di sicurezza e la carenza di DPI per i lavoratori, ricevendo una sanzione da parte della cooperativa che ha scelto di anteporre il profitto alla salute dei lavoratori e delle lavoratrici. è questo il paradigma che dobbiamo invertire, come abbiamo ribadito sotto la sede della cooperativa Ancora Servizi portando la nostra solidarietà a William e a tutti i lavoratori sanzionati. Come giovani generazioni sappiamo che oggi non abbiamo nulla da festeggiare e tutto da conquistare. Non accetteremo contrattazioni a ribasso sulla nostra pelle. Vogliamo invece diritti e dignità!”.

Ieri, invece, lavoratrici e lavoratori della scuola di Rete Bessa e Coordinamento Precari/e hanno appeso sui cancelli delle scuole “dei cartelli che sintetizzano le riflessioni di questi mesi. Le abbiamo riassunte in 7 punti e 7 slogan, in modo che siano immediati”. Sono i seguenti: “No al verticismo emergenziale del Governo, della ministra, della dirigenza scolastica”; Per essere pront@ a settembre riaggiornamento delle graduatorie e stabilizzazione di precari/e”; “Nessun@ rimanga indietro, più fondi per educatrici, educatori, insegnanti di sostegno, di italiano L2 e in compresenza”; “Torniamo a scuola in sicurezza. Classi meno numerose e più insegnanti. Il diritto all’istruzione e alla salute vanno di pari passo”; “La classe è di chi l’abita, la didattica in presenza non è sostituibile”; “No ai voti, basta con l’ansia valutativa”; “Alla riconquista dello spazio (virtuale), no all’utilizzo delle piattaforme delle Corporation dell’hi-tech come Google, Microsoft, Amazon”.

“Negli ultimi due mesi la fantasia ha brillato – si legge inoltre sul blog di Rete Bessa – Ovunque sono apparse opinioni e proposte sulla scuola del futuro. Molti interventi hanno elogiato la didattica  a distanza come un’autostrada spianata verso il paradiso dell’istruzione. Tra le voci che hanno preso posizione mancano di fatto, quelle del corpo insegnante e dell’intera popolazione scolastica. Forse perché manca una voce decisa per affermare qualcosa di differente. Tappat* in casa, la quarantena non ci ha impedito di confrontarci: abbiamo continuato a riflettere, cercando di scoprire e sviluppare pratiche di resistenza scolastica anche quando siamo statu costrettu fare il nostro lavoro da dietro uno schermo”. In conclusione, “è l’universo che vogliamo: chi come noi vive la scuola come un luogo per far sentire la propria voce, può unirsi alla nostra campagna iniziando dalle scuole vicino casa (se volete evitare multe potete anche limitarvi al vostro pianeta, o al massimo alla galassia se avete dei parenti lontani)”.

Sempre a tema di scuola e educazione, scrive infine Sgb: “In relazione alla bozza a noi pervenuta da IES relativa a disposizioni per il personale 0/6 e modifiche alle circolari relative al calendario a.s. 2019/2020′, rileviamo una impropria quanto inopportuna descrizione delle disposizioni relative al periodo di sospensione determinata dai dpcm e dalle ordinanze regionali, che hanno predisposto la chiusura dal 24 al 28 febbraio 2020 e la susseguente sospensione delle attività. Cause di ‘forza maggiore’ e di salvaguardia della salute pubblica hanno quindi determinato la sospensione dei servizi, non certo decisioni unilaterali delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi che invece sono stati sempre disponibili, in qualsiasi momento, a riprendere le attività qualora ce ne fossero stati i presupposti. Tutti i lavoratori dei servizi educativi e scolastici hanno contribuito direttamente a mantenere viva l’attività scolastica anche se in evidente situazione di difficoltà. Sono state garantite relazioni costanti con i bambini e con le famiglie, è stata garantita in svariate forme la didattica a distanza, la cura e la relazione affettiva dei gruppi di sezione e di scuola. Sono state svolte tutte le formalità burocratiche necessarie per il buon funzionamento dell’anno scolastico. In previsione della riapertura sono stati garantiti la pulizia dei plessi e la gestione delle derrate alimentari. Sono stati realizzati periodicamente Gruppi di Lavoro Educativo e Riunioni di sezione. Sono stati realizzati colloqui con le famiglie, open day, corsi di formazione, schede di passaggio ecc. Il tutto è stato fatto con materiale informatico e telefoni propri con i costi di gestione a proprio carico. In alcuni casi i lavoratori hanno dovuto acquistare a proprie spese strumenti idonei a realizzare la scuola a distanza, che nessun corso di formazione aveva mai insegnato. È stato utilizzato tutto il tempo necessario non considerando le festività ed i ponti, per cui nessuno ha badato se la riunione si faceva di sabato, domenica, di mattina, pomeriggio o sera, le comunicazioni tra colleghi sono state continue e costanti e molto al di sopra dell’orario di lavoro ordinario. A tal proposito riteniamo assolutamente inopportuno ed improprio qualsiasi ‘ricalcolo’ dell’orario di lavoro e del monte ore così come si evince dalla bozza presentata. Lo stesso deve essere azzerato alla chiusura dell’anno scolastico in corso senza che nessun lavoratore mantenga ‘debiti’ di orario frontale o monte ore. Nessun diritto contrattuale deve essere sospeso a partire dai permessi. Vanno garantite tutte le ferie previste dal contratto. Le lavoratrici ed i lavoratori dei servizi educativi di Bologna non si faranno intimidire dall’ennesimo tentativo di divisione con il quale sono stati gestiti i servizi in questi ultimi anni”.