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Facebook e Instagram censurano chi sostiene i curdi

Aumentano i casi di post rimossi o profili chiusi, mentre OpenDdb decide di fornire quotidianamente sul suo blog gli aggiornamenti scritti dal documentarista autore di Binxet. Dagli hacktivisti di Bida nuovo appello a preferire piattaforme autogestite: “Grave continuare a delegare prioritariamente la comunicazione antagonista e libertaria” a Facebook.

14 Ottobre 2019 - 17:55

A partire da sabato scorso, giornata di mobilitazione globale per il Rojava, si moltiplicano casi di post rimossi e profili chiusi da Facebook e Instagram (che condividono la stessa proprietà) per “violazione delle regole della community” rispetto a “violenza e organizzazioni pericolose”. Colpito chi condivideva aggionamenti e fotografie dalla Siria, slogan contro Erdogan, vessilli curdi. La pagina Binxet, della cui chiusura si dava conto sabato, è ancora inaccessibile: oggi OpenDdb, distributore del documentario in questione, ha informato oggi di aver attivato una pagina ad hoc sul proprio blog: “Dopo l’oscuramento da parte di Facebook della pagina di Binxet, il film di Luigi D’Alife, abbiamo deciso di proseguire l’attività di informazione dal basso sul nostro blog. Cercheremo di pubblicare aggiornamenti ogni giorno, per contrastare il gravissimo silenzio del mainstream e della comunità internazionale”.

Rimosso da Instagram anche uno scatto del fotografo di cronaca Michele Lapini, che scrive: “Ieri sera Instagram ha censurato questa foto che ho scattato durante il corteo di mercoledì a Bologna contro la guerra in Siria del Nord: ‘rimosso per violenza o organizzazioni pericolose’. Proprio ieri Facebook oscurava la pagina del documentario Binxet di Luigi D’Alife che forniva aggiornamenti sulla guerra della Turchia nella Siria del Nord. Entrambe ovviamente non promuovevano violenza, nè organizzazioni pericolose, erano testimonianze di fatti accaduti. Il giornalismo e il fotogiornalismo sono campi di battaglia. Tocca a noi portare avanti questa battaglia, affinchè le migliaia di segnalazioni che vengono fatte su immagini come questa o su pagine come quella di Binxet, cadano nel vuoto perchè ci siamo già moltiplicati e diffusi ovunque. Non ho mai creduto ai social come strumento democratico, queste censure lo dimostrano. Ma possiamo comunque lavorare affinchè l’oscuramento sia inefficace per loro”.

Interviene sul tema anche il collettivo di hacktivisti Bida: “Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a chi è stato colpito da questi episodi di censura, ma non possiamo che constatare come casi di questo genere accadano con sempre maggiore frequenza. Ci sembra grave continuare a delegare prioritariamente la comunicazione antagonista e libertaria a una multinazionale che, detenendo oltre tre quarti del mercato sia dei social network sia dei sistemi di messaggistica istantanea, può con enorme e incontrastata disrezionalità determinare quali informazioni possano circolare e quali no. È urgente che le realtà dell’autogestione e dell’autorganizzione tornino a investire su strumenti di comunicazione indipendenti e di cui avere pieno controllo, non solo riversandovi i propri contenuti ma anche invitando attivamente all’esodo le persone a loro vicine”.

Prosegue Bida: “La Resistenza al dominio del capitale sulla comunicazione pubblica esiste e prospera. Si chiama Fediverso, è una galassia di piattaforme, tecnologie e nodi in continua espansione, con milioni di iscritti a livello mondiale, dove esistono valide alternative ai servizi commerciali. Ci sono PixelFed per la condvisione di foto, Peertube per i video, Funkwhale per la musica, Write Freely per la scrittura e diverse altre, tutte sono unite dalla condivisione dei medesimi standard e quindi dalla piena interoperabilità: vuol dire che un iscritto a Funkwhale, senza uscire dalla propria piattaforma, può interagire con chi ha pubblicato una testo su Write Freely e così via. A essere capillarmente diffusa nel fediverso è anche l’avversione per contenuti fascisti, razzisti, sessisti e discriminatori. Come Collettivo Bida, come molti sapranno, abbiamo aperto da oltre un anno un nodo (o più propriamente, un’istanza) sulla piattaforma di microblogging ‘Mastodon‘. Oggi con oltre 5000 utenti di cui 1200 attivi siamo tra le istanze mastodon più grandi in Europa, mentre altre ne sono nate a Jesi, Torino e Milano. In più di un caso il fediverso si è rilevato uno strumento importante per far circolare informazioni su emergenze e mobilitazioni urgenti e ogni giorno è animato da una community in lingua italiana vivace e consapevole”.

Si legge in conclusione: “Ci mettiamo a disposizione come megafono per la Resistenza della Siria del Nord e per tutte le lotte, ma abbiamo bisogno della collaborazione di tutte e tutti. Servono più contenuti su piattaforme autogestite, serve la nascita di molte altre istanze, soprattutto l’esistenza di questi strumenti deve diventare nota anche a chi è meno vicino a collettivi e spazi sociali. Solo con un grande sforzo collettivo di organizzazione, condivisione di saperi e promozione riusciremo a riprendere il controllo della nostra comunicazione. Mancare questo obiettivo è un rischio troppo grande per il futuro di tutte e tutti. W la Rivoluzione del Rojava, W la Resistenza!”.