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“Ecco come l’Alma Mater è complice della pulizia etnica in Palestina”

“Anche l’Università di Bologna, pur definendosi neutrale, si schiera dalla parta di Israele stipulando diverse convenzioni con università e industrie israeliane, tra cui accordi di ateneo, di settore e di mobilità”. Approfondimento a cura di Universitari contro l’apartheid e Bds, che lanciano un presidio il 15 davanti al rettorato.

10 Maggio 2019 - 11:11

Si può identificare una precisa “complicità dell’Università di Bologna con le politiche di apartheid messe in atto dallo stato sionista israeliano a scapito del popolo palestinese“. E’ il tema affrontato da Universitari Contro l’Apartheid Israeliana (Ucai) e Bds, che in occasione della ricorrenza della Nakba promuovono un presidio davanti al rettorato per mercoledì 15 maggio: “Il 15 maggio ricorre la Nakba, la catastrofe, termine con cui si designa la pulizia etnica e l’esodo forzato di 700.000 palestinesi che Israele ha messo in atto dal 1948. 71 anni di villaggi distrutti, ulivi sradicati e muri innalzati. 71 anni di assedio, soprusi e massacri. In questi stessi giorni stiamo inoltre assistendo a una nuova ondata di violenza: Gaza è nuovamente sotto attacco e il numero delle vittime causate dai bombardamenti va a sommarsi agli oltre 270 gazawi che hanno perso la vita dall’inizio della Grande marcia del ritorno. L’asservimento degli stati nei confronti ‘dell’unica democrazia in medio oriente’ è sconcertante. Infatti nonostante le diverse risoluzioni Onu contro Israele, gli stati europei continuano a tesserci legami, accordi commerciali e diplomatici”.

Continua il comunicato: “Anche l’Università di Bologna, pur definendosi neutrale, si schiera dalla parta di Israele stipulando diverse convenzioni con università e industrie israeliane, tra cui accordi di ateneo, di settore e di mobilità come Erasmus+ e Overseas. All’interno del sistema di Horizon 2020, il programma di finanziamenti ai progetti di ricerca e Sviluppo dell’Unione Europea, Unibo collabora con Israele in almeno quattro progetti: Oleum, Brigaid, Castle-Clean Sky 2, Phototrain. Questi progetti, finanziati con un totale di più di 25 milioni di euro, si prestano perfettamente al fenomeno che gli accademici hanno definito double-use (doppio uso), ossia prodotti, software e tecnologie informatiche o ingegneristiche sviluppati nell’ambito della ricerca civile che possono essere convertiti per scope militari. Secondo le regole di Horizon 2020, i fondi per la ricerca devono essere utilizzati per applicazioni di tipo strettamente civile; in realtà la maggior parte dei progetti a cui prendono parte le industrie e le università israeliane sono facilmente convertibili in applicazioni militari o securitarie. Unibo collabora con Israele nel progetto Castle-Clean Sky 2; Castle è un progetto inserito all’interno di Clean Sky 2 che è il più grande programma di ricerca aeronautica finanziato dall’Ue, con un budget di un miliardo e ottocento milioni di euro stanziato dalla Commissione Europea. Castle si presenta come un progetto innocuo per migliorare il comfort degli aerei riducendo le vibrazioni e il rumore e per rendere i veivoli più competitive nel mercato globale. Tra i partner del progetto, però, spiccano la Aero-Magnesium Limited (A.c.s) e Israel Aerospace Industries Ltd (controllata al 50% direttamente dallo stato di Israele), due aziende israeliane i cui principali settori di ricerca hanno applicazioni belliche: realizzazione di satelliti, sistemi di difesa, missili, sistemi di volo a pilotaggio remoto (droni) e intelligence elettronica. In particolare, la Iai è specializzata nella conversione di aeromobili per passeggeri in aerei cargo militari”.

Quindi, scrivono Ucai e Bds, “la nostra università collabora a un progetto ad uso esclusivamente civile che però vede tra i suoi partner industrie israeliane specializzate nella conversione di aerei da uso civile a militare e nello sviluppo di droni e alter tecnologie che vediamo ogni giorno impiegate nei bombardamenti a Gaza e nella guerra di occupazione contro il popolo palestinese. Lo stato sionista pur non essendo un paese membro dell’Unione Europea ha avuto la possibilità di accedere ai fondi di Horizon 2020 e partecipa a più di 162 progetti con un budget di circa 452.3 milioni di euro. E’ chiaro quale sia l’interesse dell’Ue nell’avere come partner nei suoi progetti di ricerca e sviluppo industrie e università israeliane che sono tra le più all’avanguardia nel mondo. In un contesto globale di poli imperialisti contrapposti la corsa all’armamento e allo sviluppo delle tecnologie securitarie sempre più all’avanguardia è funzionale all’emersione dell’Ue quale polo imperialista. Al contempo Israele gode di questa collaborazione non solo per un evidente interesse economico ma anche di immagine: collaborare con atenei d’elite in Europa garantisce la legittimazione e la normalizzazione di uno stato che è a tutti gli effetti uno stato occupante, ‘l’unica democrazia del Medioriente’ può così ripulirsi dai crimini contro l’umanità che compie ogni giorno ai danni del popolo palestinese. Unibo dal canto suo, in perfetta complicità con il finto pacifismo targato Eu, professa una impossibile equidistanza sulla questione israelo-palestinese che cade come un castello di carte quando collabora con le industrie di guerra israeliane diventandone così complice e mette a tacere e censura il dissenso interno e qualsiasi altra narrazione sulla Palestina che non coincida con quella dominante, negando spazi e agibilità a studentesse e studenti. Unibo getta la maschera e si dimostra per quello che è: un’istituzione guerrafondaia. Pertanto, chiamiamo tutte e tutti ad un presidio davanti il rettorato. Per manifestare la nostra solidarietà al popolo palestinese. Per denunciare la complicità dell’Unibo con l’occupazione sionista e la pulizia etnica in atto in Palestina”.