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Coronavirus, operatrici/ori sociali: “Reddito estivo e lavoro in sicurezza”

Le richieste di Adl Cobas, Sgb, Rete intersindacale, Rete nazionale operatori-operatrici sociali. Dall’Usb campagna social in solidarietà ai lavoratori a cui viene contestato di aver scioperato per la propria salute. Asia in Procura: “L’epidemia era evitabile?”. Dopo il secondo detenuto deceduto, il garante segnala che la Dozza resta sovraffollata. Intanto, nel bolognese altre cinque vittime.

09 Maggio 2020 - 19:41

Ancora cinque decessi nelle ultime 24 ore rilevate e 31 nuovi casi di positività al coronavirus nel territorio metropolitano, che dall’inizio dell’epidemia salgono a 4.363, 388 dei quali nel circondario imolese (nessuno in più). Complessivamente in Emilia-Romagna i contagi sono 26.719 (+121) a fronte di 227.336 test (+5500). I casi attivi sono 7401 (-329), i decessi 3827 (+30), i pazienti in terapia intensiva 155 (-8). I casi nelle altre province: 4346 a Piacenza (12 in più), 3285 a Parma (19 in più), 4835 a Reggio Emilia (16 in più), 3792 a Modena (13 in più), 972 a Ferrara (2 in più), 995 a Ravenna (2 in più), 926 a Forlì (6 in più), 749 a Cesena (8 in più), 2.068 a Rimini (12 in più).

“Siamo operatori e operatrici sociali dipendenti delle cooperative che gestiscono i servizi socioeducativi, socioassistenziali e sociosanitari esternalizzati. Il nostro lavoro di cura e di sostegno, di assistenza e di accompagnamento, è indispensabile per quelle persone – bambini, adolescenti, adulti e anziani – più fragili e bisognose. Eppure qualcuno tra governo, enti locali e cooperative sembra essersi dimenticato che anche in questa emergenza noi ci siamo!”. Comincia con queste parole un comunicato firmato da Adl Cobas Emilia-Romagna, Sgb Emilia-Romagna e Rete Intersindacale e Rete Nazionale Operatori e Operatrici Sociali. “Molti servizi restano chiusi nel disinteresse totale delle istituzioni per le quali, evidentemente, il profitto viene prima dei bisogni delle persone, tanto più di quelle più fragili. Pur di garantire i servizi essenziali, abbiamo accettato di rimodulare i nostri interventi, gli orari e le modalità, fino a cambiare radicalmente le nostre mansioni. Nonostante il telelavoro sia quanto di più lontano dall’essenza della nostra professione, basata sulla relazione, la vicinanza e la prossimità, abbiamo dato il nostro contributo, spesso anche materialmente, con le connessioni e gli strumenti personali. Ne consegue però la riduzione o l’azzeramento del monte ore e la perdita di gran parte o di tutto il nostro salario. Per chi opera nell’assistenza domiciliare e nelle strutture residenziali, significa esporsi quotidianamente al rischio di contagio che in troppi casi ha già travolto noi, le nostre famiglie e le persone che assistiamo. Non ci siamo tirati indietro e abbiamo messo la nostra dignità e la nostra professionalità al servizio dell’utenza che ci è stata affidata. Ma evidentemente questo non basta per far capire che noi ci siamo! L’emergenza ha drammaticamente portato alla luce la condizione paradossale in cui lavoriamo, frutto di decenni di esternalizzazioni dei servizi, appalti al ribasso e tagli alla spesa. Per noi ha reso improrogabile la necessità di svincolare il sistema di protezione e cura sociale dalle regole di mercato che solo la re-internalizzazione dei servizi e degli operatori e operatrici sociali può garantire. Ora però le cooperative, gli enti locali e il governo devono riconoscere interamente il nostro salario perché non possiamo essere noi a pagare l’emergenza. Anche laddove si sia fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, chiediamo che gli enti committenti e le cooperative integrino lo stipendio fino al 100%. Le buste paga a 0 euro – se non addirittura negative – o con le decurtazioni di un salario già risicato, sono un’umiliazione inaccettabile.

Continua il comunicato: “Noi diamo il 100%, dateci il 100%! Con la Fase 2, si prevede la riapertura parziale o totale di alcuni servizi. Per noi la situazione rischia di peggiorare ulteriormente anche in previsione della stagione estiva. Tutte le attività che ci garantiscono il reddito in quel periodo (centri estivi, soggiorni residenziali, centri diurni, gruppi di socializzazione) rischiano di non partire, se non in forme e modi completamente inediti. Oltre tutto, in ‘virtù’ del sistema degli appalti, molti di noi, nei mesi estivi, non percepiscono reddito e non possono neppure accedere agli ammortizzatori sociali. Per questo chiediamo da subito la possibilità di usufruire di un reddito estivo, accedendo a ammortizzatori sociali in deroga o altre forme di sostegno al reddito. Inoltre pretendiamo che spazi gioco, campi all’aperto, servizi domiciliari, servizi educativi per piccoli gruppi nei locali scolastici si riprogettino con i lavoratori e i sindacati che li rappresentano, come attualmente non sta avvenendo, chiudendo la discussione ai soli sindacati Cgil Cisl e Uil ed escludendo i sindacati di base come Sgb e Adl; inoltre chiediamo che si svolgano in piena sicurezza, con tutte le precauzioni del caso e che vengano forniti tutti i Dpi adatti e necessari allo svolgimento delle attività. Noi ci siamo, sempre. E ci saremo per tutti i colleghi e le colleghe che avranno bisogno di un supporto per opporsi a questa ennesima ingiustizia. Faremo sentire la nostra voce con forza e unità, organizzando una o più giornate di mobilitazioni, come quella dell’8 maggio sotto la regione Emilia-Romagna, anche nazionali per la difesa dei nostri diritti e della nostra dignità”.

L’Usb coop sociali, intanto, ha dato il via a una campagna social in difesa del diritto di sciopero e alla salute e sicurezza nei servizi essenziali, con queste parole d’ordine: “Io sto con William e con chi sciopera per salute e sicurezza. Àncora servizi giù le mani dai lavoratori! Tocca uno tocca tutti”. Il caso da cui nasce la campagna “è grave, la cooperativa Àncora servizi pretende di sostituirsi alla commissione di garanzia, ritenendo illegittimo lo sciopero proclamato lo scorso marzo nel servizio di assistenza domiciliare di bologna, contestando l’assenza ingiustificata al delegato usb ed ai lavoratori e lavoratrici che hanno scioperato per denunciare le gravi condizioni di sicurezza del servizio, come la mancanza di dpi e di procedure e protocolli idonei”. Per questo “chiediamo a tutte le lavoratrici e i lavoratori dei servizi di welfare di far sentire la propria solidarietà a William e alle sue colleghe e colleghi, dimostrando alla cooperativa che il ricatto non ci farà piegare la testa. Mandate le vostre foto alla pagina, o taggate Usb coop sociali dai vostri profili. Costruiamo solidarietà, pretendiamo dignità per le lavoratrici e i lavoratori dei servizi di welfare”.

Asia-Usb invece ieri ha presentato “una denuncia querela presso la Procura della Repubblica di Roma per contestare le numerose problematicità nella gestione dell’emergenza coronavirus”. L’epidemia “era evitabile? I danni in termini di vite umane erano contenibili? Domande tutte che sono state sollevate alla Procura di Roma nella denuncia presentata”, scrive Asia, spiegando che “la medesima denuncia verrà depositata anche presso le Procure di Milano, Bergamo, Bologna, Torino e Piacenza, tra le città che hanno avuto i maggiori costi in termini di vite”.

Infine, dopo la seconda morte per coronavirus tra la popolazione carceraria della Dozza, il garante dei detenuti Antonio Ianniello ha affermato: “Dal momento in cui la situazione sanitaria è diventata più critica nel contesto penitenziario c’è stato un non banale alleggerimento dei numeri delle presenze in carcere, dovuto a vari fattori, ma si è ancora lontani dal rispetto delle capienze regolamentari che potrebbe agevolare (e che avrebbe potuto agevolare) una maggiore efficacia degli interventi di contenimento della diffusione del contagio all’interno delle carceri”. La situazione di sovraffollamento, al momento, a livello nazionale vede circa 6.000 presenze in più rispetto ai posti disponibili e a Bologna lo scarto è di circa 200 detenuti oltre la capienza regolamentare. “In un momento nel quale per la società esterna è iniziato, con la fase 2, il graduale ritorno alla normalità- avverte il garante- bisogna continuare a maneggiare con enorme cura il tema dell’emergenza sanitaria all’interno degli istituti penitenziari, naturalmente non precludendo nel frattempo possibilità di graduali e ponderate riaperture alla società esterna”.