Acabnews Bologna

”Boicottiamo le imprese bolognesi che
fanno affari con la Turchia!”

“Rompiamo l’isolamento di Abdullah Öcalan e del popolo curdo!”, è l’appello raccolto da numerose realtà bolognesi, che domani alle 17 manifesteranno in piazza Nettuno. Realizzata e diffusa, per l’occasione, un’inchiesta sulle aziende che operano sul territorio bolognese e svolgono attività in Turchia: “La loro indifferenza è complicità”.

11 Maggio 2019 - 16:06

“Rompiamo l’isolamento di Abdullah Öcalan e del popolo curdo!”. E’ all’insegna di questo messaggio che domani a Bologna si svolgerà una manifestazione nell’ambito della due giorni di azione nazionale (11-12 maggio) lanciata da Rete Jin, Uiki onlus, Retekurdistan ed ex-combattenti Ypg/Ypj per mobilitarsi al fianco dei/delle 7.000 in sciopero della fame nelle carceri in Turchia. A Bologna è in programma un presidio in piazza del Nettuno alle 17 che tra realtà organizzatrici e aderenti vedrà la partecipazione di sigle come Rete Jin, Tpo, Làbas, Vag61, Nodo sociale antifascista, circolo anarchico Berneri, Xm24, Non Una Di Meno, Crash, Cua, Mujeres Libres, Noi Restiamo, Usb, I 94 Savena. “Chiudete gli occhi- è il testo dell’appello- e immaginate di passare un giorno, poi un mese, poi un anno di vita in una stanza da soli, ricevendo solo il necessario per vivere, senza poter comunicare con nessuno, nemmeno per far sapere il vostro stato di salute a chi tenga a voi. Questa è la quotidianità del leader curdo Abdullah Öcalan, a cui da quattro anni è imposto un tale regime da prigioniero nelle galere del sultano Erdogan dal 1999 – quando l’infamia del governo D’Alema e del sottosegretario Minniti lo ha consegnato ai suoi carnefici. Una condizione di detenzione disumana, equiparabile ed equiparata alla tortura, ed in questo un pericoloso precedente per tutti. Da più di 6 mesi 7.000 tra detenuti politici, solidali e attivisti in tutto il mondo si sono uniti allo sciopero della fame iniziato dalla deputata Hdp Leyla Guven: è stato necessario il sacrificio di 15 vite per strappare la possibilità per il leader curdo di rivedere i propri avvocati dopo otto anni. Perché l’isolamento imposto ad Öcalan è anche quello imposto alla parte migliore del popolo curdo, quella che assieme al fiore degli altri popoli della regione lotta per una società realmente democratica, ecologista e femminista, a cominciare dal modello esistente e praticabile delle comuni della Siria del Nord; e per un Medio Oriente che non sia più fonte di bollettini di guerra, esodi forzati e stigmi etnici e religiosi”.

Isolamento “anche e soprattutto dovuto al silenzio delle istituzioni nazionali ed internazionali – e persino di organizzazioni come Amnesty – su questa e sulle altre brutalità compiute del regime di Erdogan in Turchia, Iraq e Siria, con il sostegno all’invasione jihadista di Afrin e all’Isis”, continua il comunicato: “Un silenzio squarciato qui in Italia solo dal sacrificio di Lorenzo Orsetti – che se sopravvissuto probabilmente sarebbe stato anch’egli inquadrato come ‘soggetto pericoloso’ al pari di altri sei suoi e nostri compagni e compagne ora sotto indagine delle procure di Torino e Cagliari. Al contrario, riteniamo che i veri soggetti pericolosi siano il fascismo turco ed i suoi fiancheggiatori imprenditoriali ed istituzionali qui in Italia: per questo sosteniamo la campagna internazionale Riseup4Rojava, volta a contrastarli e a sanzionarli dal basso. La battaglia di Abdullah Öcalan, di Leyla Guven, dei 7000 e degli oppressi del popolo curdo è dunque anche la nostra: ci avete trovato e ci troverete nelle assemblee di base, nelle lotte sociali e nell’autorganizzazione nei quartieri bolognesi. Ma oggi siamo qui ed in tante altre città d’Italia e del mondo a richiedere pubblicamente una presa di posizione netta da parte di tutte e tutti – e a cominciare da quanti, per i propri lauti interessi, hanno fino ad oggi professato un’omertà servile e ripugnante al regime di Erdogan”.

L’Italia, in questo contesto, “continua ad avere un ruolo odioso da una parte attraverso la persecuzione dei compagni e delle compagne che hanno sostenuto attivamente la rivoluzione del popolo kurdo e dall’altra nell’appoggio incondizionato alla Turchia, attraverso la vendita di armi e l’intensificazione di rapporti commerciali e istituzionali”. Per quanto riguarda il mondo economico bolognese, è dimostrato da un’inchiesta prodotta per l’occasione, “Rompiamo l’isolamento: è il silenzio che uccide”, che verrà distribuita domani durante il presidio e che Zic.it propone in questo articolo.

L’inchiesta rappresenta “un primo elenco di grandi aziende che operano nel nostro territorio e che svolgono attività produttive ed economiche in Turchia. Quasi tutte queste imprese hanno la certificazione etica. Nei loro codici etici si può leggere che il loro operare si ‘attiene a principi di comportamento e valori volti a testimoniare un impegno sociale finalizzato al miglioramento delle comunità in cui le aziende sono presenti’. E’ difficile pensare che queste affermazioni servano da guida anche per chi è andato a fare business in territorio turco. Sono infatti diversi i manager che, a più riprese, hanno sostenuto che la Turchia è la piattaforma ideale per i mercati dell’Asia Centrale e dei Paesi a maggioranza musulmana, ma soprattutto il vantaggio di essere là dipende dai costi della manodopera che sono fino a cinque volte inferiori, pur con gli stessi standard produttivi europei. In più, diverse sirene della finanza declamano un dato per loro indiscutibile: negli anni del governo di Erdogan e dell’Akp (Partito della giustizia e dello sviluppo) il profilo internazionale della Turchia è cresciuto. Addirittura c’è chi come la Coface, il gruppo multinazionale (che ha una sede anche a Bologna) specializzato nell’assicurazione dei crediti e nel risk management, in una delle sue periodiche ‘Valutazioni Paese’ ha sostenuto che ‘per i turchi sarebbe meglio accettare di dare maggiore potere all’Akp, piuttosto che avere un governo di coalizione incapace di prendere decisioni’, ricordando che il sostegno del governo di Erdogan ‘è stato vitale per far acquisire agli esportatori nuove quote di mercato’. Insomma, a fronte di queste affermazioni, è facilmente comprensibile la silenziosa omertà che gli operatori economici nostrani hanno sempre mantenuto su quello che è avvenuto in questi anni in Turchia, dall’attacco alla libertà di azione politica alla libertà di stampa, dalla persecuzione nei confronti dei kurdi alla repressione del dissenso agli arresti di massa. Silenziosa omertà che diviene addirittura diretta complicità, se pensiamo che la Turchia è il terzo acquirente di armi prodotte in Italia, con volumi di affari da capogiro. Questa pavida acquiescenza nei confronti del regime fascista di Erdogan deve terminare. Da oggi iniziamo a pubblicare l’elenco delle aziende che operano sul territorio bolognese e che svolgono attività economiche, commerciali e produttive in Turchia. Se continuerà a persistere questo muro di indifferenza intorno alle scelte gravissime del regime turco metteremo in campo campagne di vero e proprio boicottaggio. Inoltre, chiediamo alle rappresentanze sindacali aziendali di queste grandi aziende e ai sindacati di categoria di prendere posizione, anche la loro remissività su questa vicenda non è accettabile”.

 

> Le schede inserite nell’inchiesta diffusa dagli organizzatori del presidio:

 

IL PROGRAMMA DI RAPPORTI EMILIA TURCHIA

La Regione Emilia-Romagna negli anni 2011-2013 lanciò un programma pluriennale del sistema produttivo regionale in Turchia. Il programma era rivolto ad alcune aree della Turchia (le città e province di Istanbul, Izmir, Adana, Mersin e Gazientep) e puntava a costruire una partnership strategica per la crescita delle relazioni con le istituzioni turche e di offrire alle imprese emiliano romagnole un insieme strutturato di occasioni di collaborazione industriale bilaterale.

Tra gli enti, associazioni e istituzioni turchi coinvolti c’erano: Tüsiad (Associazione degli industriali turchi), Tobb (Unioncamere turca), Ispat (Agenzia per il supporto e per la promozione degli investimenti in Turchia), Deik (Comitato per le relazioni economiche internazionali della Turchia), le agenzie di sviluppo per le Province di Izmir e Adana-Mersin.

Per la parte italiana aderirono all’iniziativa le associazioni imprenditoriali regionali (Confindustria, Unindustria, Cna e Legacoop), l’Università di Bologna, il sistema della Camere di Commercio della regione, le fiere (BolognaFiere, Fiera di Parma, Rimini Fiere e Cesena Fiere).

Il programma venne lanciato in contemporanea all’inaugurazione, presso il Tuyap Exhibition Center di Istanbul, della manifestazione fieristica “Beauty Eurasia”, un evento collegato al Cosmoprof bolognese che, tra gli espositori, vedeva la partecipazione di nove aziende emiliano romagnole.

D’altronde, anche il Caab (Centro Agro Alimentare di Bologna), dopo la firma del protocollo di cooperazione con la più importante piattaforma logistica europea per l’agroalimentare deperibile, St.Charles di Perpignan in Francia, ha sviluppato un progetto analogo per la Turchia che già oggi è uno dei maggiori player dell’area mediterranea. L’intento del Caab è di creare assieme ai francesi un corridoio logistico trasversale che parta dalla Turchia e che abbia come baricentro Bologna.

 

LE MISSIONI DI RONCUCCI & PARTNERS GROUP

Roncucci&Partners Group è una società di business consulting che ha sede a Bologna, specializzata in processi di internazionalizzazione di impresa e di entry strategy. Opera con sedi dislocate in aree strategiche, per meglio sostenere uno sviluppo imprenditoriale globale e innovativo.

I suoi consulenti per l’internazionalizzazione d’impresa individuano le migliori opportunità di business all’estero, disegnano il percorso strategico adatto a coglierle e le affiancano nell’implementazione del loro piano di internazionalizzazione.

Negli ultimi anni ha organizzato diverse missioni in Turchia in cui referenti di aziende emiliano-romagnole vengono accompagnati a Izmir e Istanbul con lo scopo di incontrare utilizzatori finali dei prodotti, potenziali clienti, ma anche partners locali di produzione.

 

L’ELENCO DELLE AZIENDE INSEDIATE IN TURCHIA

Intesa San Paolo

“Il made in Italy del credito” è sbarcato in Turchia nel 2015 portando il modello italiano di banca per l’impresa. In poco tempo è diventata un punto di riferimento per le imprese che stanno investendo sul Bosforo. L’obiettivo di Intesa Sanpaolo è di svolgere un ruolo importante negli investimenti infrastrutturali (il governo turco vuole portare la rete ferroviaria ad alta velocità dagli attuali 888 chilometri a 10.000, punta a triplicare la rete autostradale e aumentare la capacità degli aeroporti da 165 milioni a 400 milioni di passeggeri entro il 2023).

Con l’accordo di partnership tra Intesa Sanpaolo e Sace (Gruppo CDP) si è rafforzato il sostegno dell’export e dell’internazionalizzazione delle imprese italiane, offrendo strumenti per accompagnare le imprese dall’aggiudicazione all’esecuzione delle commesse all’estero, dai finanziamenti per l’internazionalizzazione alle garanzie per l’approntamento delle forniture fino ai servizi di recupero dei crediti. Nell’ambito di questo programma, Sace ha garantito alla società turca una linea di credito da 100 milioni di euro, destinata al finanziamento del suo piano investimenti da 2,75 miliardi di euro, che prevede la realizzazione di nuove opere infrastrutturali nella città di Istanbul (inclusa la costruzione della linea ferroviaria metropolitana Eminonu-Alibeykoy) e di altri progetti nel settore dello smaltimento rifiuti/waste to energy e del trattamento acque. In Turchia si è aperta così una finestra che interessa il sistema delle multiutility italiane: Iren, A2A, Acea ed Hera.

Hera e il Tap

Hera è pienamente coinvolta nel progetto del nascente “Corridoio sud del gas”, un progetto anacronistico che moltiplica le forme di speculazione e dominio finanziario delle lobby degli idrocarburi.

La multiutility bolognese nel settembre 2013 ha sottoscritto con Tap un contratto di fornitura di gas azero per 300 milioni di metri cubi annui e per la durata di 25 anni”. Questo gas, proveniente dal giacimento di Shah Deniz in Azerbaigian, dovrebbe arrivare in Italia utilizzando il Trans Adriatic Pipeline (Tap) la cui realizzazione è fortemente contestata dalle popolazioni dei territori interessati perché devastante per le coste, le campagne e prevede la costruzione di impianti a rischio di incidente rilevante in zone densamente popolate. Dal Salento (Melendugno) il gas dovrebbe risalire la penisola per 687 km tramite la Rete Adriatica Snam attraversando la dorsale appenninica tristemente nota per la sua alta sismicità e aggiungendo ulteriori rischi alla sicurezza dei cittadini. Attraverso il contratto sottoscritto in Arzebaigian, Hera sta finanziando tutto questo.

Il progetto internazionale TAP (Trans Adriatic Pipeline) è parte di un progetto più grande che comprende diversi Paesi, tra cui la Turchia. Il gas che sarà trasportato da TAP appartiene al Consorzio Shah Deniz II, proprietario del gas proveniente dall’omonimo giacimento offshore azero situato nel Mar Caspio a sud di Baku.

Nella parte turca di questo progetto transnazionale sono coinvolte 9 aziende: 7 di queste sono turche, mentre 2 sono straniere. Tra quelle turche salta all’occhio un nome famoso e particolare: Limak. Insieme all’azienda indiana Punj Lloyd ha vinto il bando per costruire la quarta parte del gasdotto che attraverserà la Turchia: stiamo parlando del tratto che inizia nella città di Eskisehir e finisce in località Ipsala, al confine con la Grecia.

Limak è pure l’azienda che guida la cordata per la costruzione del terzo aeroporto di Istanbul; su questo progetto ha come socio Kalyon, il proprietario del gruppo Turkuvaz Medya, che possiede 4 canali televisivi (Atv, aHaber, Yeni Asir Tv, Minika), 2 canali radiofonici, 4 quotidiani nazionali (Sabah, Takvim, Yeni Asır, Pas Fotomaç), 11 riviste nazionali e 2 portali di notizie. Kalyon è uno degli oligopolisti cresciuti con gli appalti pubblici ricevuti negli anni del governo Akp, come il famoso progetto di riqualificazione urbanistica che avrebbe coinvolto il Parco Gezi.

Il Gruppo Maccaferri

Il Gruppo Industriale Maccaferri è presente in Turchia tramite la sua sub-holding Seci Emergia

Costituita nel 2006, Seci Energia, attraverso le proprie controllate e/o collegate, presidia il mercato delle fonti rinnovabili, in particolare la progettazione e realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili quali fotovoltaico, recupero energetico, biogas e biocombustibili, biomasse, eolico e idroelettrico.

Nel 2011 il colosso industriale bolognese sbarca in Turchia con il marchio Enerray per costruire un impianto per la produzione di energia solare. Enerray è un’azienda del Gruppo Maccaferri attiva nella realizzazione e gestione di impianti fotovoltaici.

Nella provincia di Kahramanmaras viene connesso il primo impianto fotovoltaico che verrà poi realizzato da Tekno Ray Solar, una joint venture paritetica, tra Enerray e Tekno, società turca con la quale il Gruppo Maccaferri ha un rapporto di collaborazione da oltre 20 anni in diversi settori. L’impianto fotovoltaico che Tekno Ray Solar connetterà è stato installato sulla copertura di un’azienda tessile della Provincia di Kahramanmaras.

Nel 2014 Exergy consolida il suo ruolo nel settore geotermico, grazie anche alla costituzione della società di diritto turco Exergy Turkey Turbin Enerji Teknolojilei Anonim Sirketi con sede a Izmir e alla conseguente realizzazione di prodotti Made in Turkey.

Nel 2016 Exergy, cresce ancora nel segmento del geotermico in Turchia. La quota di mercato di Exergy è del 40% e il fatturato 2015 si avvicina ai 100 milioni di euro, con una crescita rispetto all’anno precedente del 50%.

Il Gruppo Bonfiglioli

Il Gruppo Bonfiglioli fa capo a un’azienda di Calderara di Reno specializzata nella progettazione, produzione e commercializzazione di componenti meccanici di precisione. Negli anni ’60 percepì l’opportunità dell’evoluzione nel settore delle macchine automatiche, in particolare per il packaging, brevettando un riduttore a due stadi epicicloidali che diventò uno dei suoi prodotti principali.

Negli anni ’80 il Gruppo ha impostato la propria espansione al di fuori dei confini italiani. Oggi può contare su 14 impianti produttivi (quattro in Italia, tre in India, due in Germania, uno in Cina, Brasile, Slovacchia, Stati Uniti e Vietnam) e 22 ulteriori presidi commerciali diretti in 16 paesi (Canada, Francia, Inghilterra, Germania, Turchia, USA, Brasile, Spagna, Sud Africa, India, Singapore, Vietnam, Australia, Nuova Zelanda, Slovacchia e Cina) attivi nello sviluppo, promozione commerciale, assemblaggio finale, vendita e assistenza pre e post-vendita dei prodotti del Gruppo. A Izmir è attiva da tempo la “Bonfiglioli Turkiye che funge da filiale dei prodotti del gruppo e in particolare delle parti meccaniche delle centrali eoliche. Oltre la sede principale, sono operativi anche uffici commerciali presso i porti di Istanbul, Ankara e Kayacen.

La Turchia e la packaging valley

Tra gennaio e giugno 2018, l’industria turca del packaging ha fatto registrare un surplus nelle esportazioni pari a 539 milioni di dollari. Tra i primi mercati di destinazione c’è l’Italia.

Bologna viene considerata una delle capitali per il settore delle macchine automatiche per il packaging. Le più grandi aziende, operanti tra Imola, Ozzano e Anzola dell’Emilia, hanno da anni sedi nel Bosforo e rapporti stabili con operatori economici turchi.

Sacmi

Nata come una cooperativa fondata a Imola da 9 tra meccanici e fabbri, oggi la Sacmi è un gruppo multinazionale che opera nei settori delle macchine per Ceramics, Packaging, Food e Automation.
L’89% del fatturato del gruppo è legato all’export, in questo ambito strategico, nel 1995 è stata fondata, Sacmi Istanbul che è diventata un punto di riferimento per il servizio ricambi ed assistenza tecnica, sia per la Turchia che per l’intera area euro-asiatica. Infatti, a Eskisehir, è stato aperto un grande magazzino ricambi; i manager del gruppo lo considerano un vantaggio competitivo strategico per accrescere e consolidare la propria leadership tra i maggiori produttori mondiali di ceramica che in Turchia sono insediati.

Ima

Il Gruppo Ima di Ozzano dell’Emilia è uno dei leader mondiali nella progettazione e produzione di macchine automatiche per il processo e il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè, caffè e tabacco.

Con Ima Pharma il gruppo si è allargato in diversi territori del mondo tra cui laTurchia. Da tempo Ima produce macchine D-Bund per il cliente Lidersan, una grande azienda turca, leader nel settore dei pannolini.

Siglato un accordo di partecipazione con la Tmc (Tissue Machinery Packaging), Ima ha dato vita al più grande polo di aggregazione mondiale nel mercato del confezionamento. Con questa joint venture sono state prodotte macchine insaccatrici, molte delle quali installate in Turchia.

Coesia

Coesia è un gruppo, con sede a Bologna che comprende ventuno aziende: Acma, Atlantic Zeiser, Cerulean, Cima, Citus Kalix, Emmeci, FlexLink, Gd, Gdm, Gf, Hapa, Ipi, Mgs, Molins.

La Gd, l’azienda più importante del gruppo, opera nelle settore delle macchine per l’impacchettamento del tabacco e ha da anni una sede nell’area di Izmir, terza città della Turchia e importante centro industriale situato sulla costa occidentale.

In epoca più recente anche la FlexLink, un’altra consociata che opera nella logistica di produzione, ha aperto una sede a Izmir. Il mercato turco è di interesse strategico per Coesia: altre aziende del gruppo come Acma, Volpak, Hapa, Laetus e Norden Machinery portano avanti diverse operazioni con imprese turche.

La multinazionale Philip Morris tra Crespellano e Istanbul

La Philip Morris è la maggiore azienda produttrice di tabacco al mondo, fondata a Londra, nel 1847, ed oggi ha sedi principali negli USA, a New York, e in Svizzera, a Losanna.

La multinazionale è proprietaria di diversi brand di sigarette, i più noti sono Virginia Slims, Diana, Philip Morris, Chesterfield, Marlboro e Merit.

La Philip Morris è presente anche in Italia, dove ha sede centrale a Roma e con due stabilimenti in provincia di Bologna: uno a Zola Predosa e uno a Crespellano – Valsamoggia, il solo che per ora produrrà gli heatsticks di Iqos (dispositivi elettronici senza combustione), le sigarette di nuova generazione.

Quando, a ottobre del 2014, arrivò l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi a “posare” la prima pietra, tutti a scappellarsi e ad applaudire. Vennero costruiti a tempi di record un casello autostradale ad hoc e una strada dritta fino allo stabilimento.

Nel settembre 2016 l’azienda ha ampliato la sua presenza sul territorio bolognese con l’apertura del nuovo stabilimento produttivo nel Comune di Valsamoggia. Costruito nell’area industriale di Crespellano, è il primo stabilimento al mondo per la produzione su larga scala di componenti per i nostri Rrps, tra cui gli Heets o HeatSticks per il dispositivo elettronico Iqos, che l’azienda sta commercializzando nel Paese.

L’apertura della fabbrica avrebbe dovuto avere una ricaduta occupazionale sul territorio molto positiva. Delle 600 assunzioni effettuate, quasi tutte con contratti a tempo determinato, alla fine della loro scadenza, ne sono stati rinnovati poco meno della metà. E anche le due aziende bolognesi attive nel packaging delle sigarette di nuova generazione (Gd/Coesia e Gima Tt/Ima) si sono trovate in difficoltà.

Le stesse agevolazioni e aperture ricevute a Bologna, Philip Morris se le è ritrovate anche in Turchia. Infatti, il nuovo quartier generale del colosso del tabacco a Istanbul è situato nella principale arteria commerciale della città. La multinazionale americana ha stretto una joint venture con la potente famiglia Sabanci, che ha, tra le altre cose, un museo privato sulle rive del Bosforo, dedicato al capostipite Sakip Sabanci che per primo portò in Turchia mostre di Picasso e Rodin.

Sabancı Holding è uno dei conglomerati leader in Turchia e società madre che gestisce le società del Gruppo Sabancı, con un approccio strategico e diversificato. Le principali aree di attività del Gruppo sono banche, assicurazioni, energia, cemento, vendita al dettaglio e industria, mentre ogni azienda è il leader del proprio settore.

Sabancı Holding opera in 13 Paesi e commercializza i propri prodotti con oltre 63.000 dipendenti in maniera globale. I partner commerciali multinazionali di Sabancı Holding includono aziende di spicco come Ageas, Aviva, Bridgestone, Carrefour, E.On, Heidelberg Cement, Marubeni e Philip Morris.

E pure Eataly non poteva mancare

In questa lunga lista di aziende che operano in Turchia non poteva mancare la Eataly del Re Mida dell’agroalimentare italiano, Oscar Farinetti, già grande sponsor renziano.

A Bologna si era insediato prima con il ristorante/pizzeria Eataly alla Libreria Coop “Ambasciatori”, poi ha dato vita a Fico, la Fabbrica Italiana contadina, la nuova Disneyland del cibo, sorta dalle parti del Caab, all’estrema periferia di Bologna. Come per il progetto della Philip Morris, anche Fico ha avuto aiuti e agevolazioni pubbliche. Osannato dai media mainstream il super-Eataly bolognese non ha mai decollato sia come numero di visitatori sia come vera opportunità occupazionale.

A Istanbul Eataly ha aperto un maxistore di 6.500 mq, al quartiere di lusso Zorlu Center, e un locale di 1.000 mq sulla sponda europea di Zincirlikuyu. In tutto 14 ristoranti con 1.400 posti, una scuola di cucina, una cantina di vini pregiati e 3.500 articoli in vendita.

E’ da queste parti che i manager delle aziende italiane si ritrovano a tavola davanti a un bicchiere di vino, diventa difficile (è comprensibile) che si possa parlare degli scioperi della fame.