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Ateneo, sempre più corsi a numero chiuso

Noi Restiamo: prova che “lo Stato considera gli investimenti nell’Università come fondi perduti”, mentre siamo “il penultimo paese europeo per percentuale di laureati”. Coordinamento Precari Scuola sulla legge di Bilancio: necessaria “una regolarizzazione di chi abbia maturato tre anni di servizio”.

29 Gennaio 2019 - 12:15

“Con la delibera del Senato accademico che ha certificato l’introduzione del numero chiuso ai corsi di laurea del DAMS, di Scienze della Comunicazione e di Matematica l’Alma Mater risponde alle sue pesanti carenze di spazi e strutture per la didattica limitando ulteriormente il diritto allo studio”. Lo scrive Noi Restiamo Bologna, commentando i provvedimenti recentemente presi dall’Alma Mater sulla restrizione degli accessi ai corsi di laurea. Gli studenti infatti denunciano che “ad oggi, solo 14 corsi di laurea su 63 non prevedono il superamento dello sbarramento del numero chiuso, malgrado l’Italia risulti il penultimo Paese europeo per percentuale di laureati. Evidentemente, per l’amministrazione Ubertini è più importante pubblicizzare l’Unibo come centro di eccellenza in grado di competere con le maggiori università europee, che garantire ai suoi studenti servizi dignitosi. Prendiamo atto che da un lato la mancanza atavica di spazi per il rettorato viene considerata un problema secondario, mentre dall’altro dal suo insediamento non ha esitato a spendere circa 80.000 euro per ripulire i muri della zona universitaria e per il prossimo anno il preventivo arriva fino a 100.000 euro : solo un esempio delle priorità che muovono Ubertini nella gestione delle risorse dell’Unibo”.

Continua il comunicato: “L’imposizione del numero chiuso non è la soluzione ai mali che affliggono gli atenei italiani, ma l’ennesima prova di uno Stato che da decenni considera gli investimenti nell’offerta universitaria come fondi perduti. Lo Stato che disinveste in formazione è lo stesso che accorre alla chiamata dell’Università schierando poliziotti in antisommossa contro i tanti studenti e studentesse che protestano con una dimostrazione pacifica contro l’ingresso dei privati in università, come è successo a Torino dove il flash mob contro l’apertura di un Burger King nella palazzina Aldo Moro di UniTo, a fronte della carenza di aule studio e biblioteche, è stato impedito dalle cariche della polizia, uno studente è stato fermato e tre sono stati denunciati. Contro ogni sbarramento e solidali con le compagne e i compagni di Torino rivendichiamo la necessità di un’Università aperta a tutti!”

Restando in tema di istruzione, il Coordinamento Precari/ie Scuola Bologna ha pubblicato in questi giorni delle “considerazioni critiche sulla riforma del reclutamento del personale docente della scuola secondaria contenute nella Legge di Bilancio 2019″. Per gli insegnanti, “come quelli che l’hanno preceduto, anche il governo attualmente in carica non ha mancato l’occasione di intervenire sulla riforma del reclutamento docenti: la legge di Bilancio 2019, in particolare nell’art.1 dai commi 792 al 795, contiene infatti importanti modifiche alla legge 107/2015 (la cosiddetta Buona Scuola), con riferimento specifico al D.Lgs. 59/2017”. E’ infatti “dalla primavera del 2014 che non esiste un percorso che porti a un’assunzione a tempo indeterminato per i docenti della scuola secondaria e ciò è aggravato dalla constatazione che modifiche così significative non siano state oggetto di una discussione peculiare, ma vengano pensate all’interno della programmazione economica per l’anno appena iniziato. Ciò è indice del fatto che, ancora una volta, una riforma dell’istruzione è veicolata da aspetti puramente economici denotando, al netto delle retoriche, la mancanza da parte del presente governo di una visione ampia della scuola e dell’educazione. Tagliare sulla scuola è una scelta e non una necessità. Nella legge di Bilancio si continua a non affrontare la questione fondamentale e trasversale della stabilizzazione del precariato della scuola italiana, che può avvenire soltanto trasformando l’organico di fatto in organico di diritto. Ancora una volta si dà credito alla visione secondo la quale un docente a tempo determinato costa meno; di conseguenza conviene allo Stato mantenere quanto più possibile una rilevante sacca di precariato”.

Nello specifico “risultano degradati più delle altre categorie i precari e le precarie con tre anni di servizio. Risultava già inaccettabile che il concorso previsto dalla legge 107 fosse selettivo. Adesso la situazione ci sembra oltremodo peggiorativa: attualmente si prevede infatti la sostituzione di un percorso riservato con una procedura di inserimento progressivo dei docenti precari, riservata tuttavia soltanto a una percentuale minima di posti (il 10%) e prevista unicamente per la prima sessione. Sia la ‘Buona Scuola’ che l’attuale legge di Bilancio non tengono in considerazione la normativa europea 70/1999, secondo la quale dopo tre anni di servizio i lavoratori precari hanno diritto a essere assunti a tempo indeterminato. Inoltre, ulteriore novità rispetto alla legge 107/2015, dopo la prima tornata concorsuale anche coloro che avranno maturato tre anni di servizio dovranno, al pari di tutti gli altri, possedere i 24 cfu come prerequisito per accedere al concorso”. Inoltre, continuano i docenti, “nonostante i proclami settembrini, il prerequisito del possesso dei 24 cfu nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie didattiche rimane ed è rafforzato: esso infatti sarà necessario per ogni partecipante al concorso e dal secondo ciclo anche per coloro che sono in possesso dei tre anni di servizio. Ci avevano illuso che l’acquisizione di tali crediti non fosse necessaria, da come si era evinto da una sua intervista, ministro Bussetti, a Repubblica Tv del 12 settembre 2018. Inoltre da mesi le università statali hanno ridotto o chiuso totalmente le procedure di riconoscimento e acquisizione.Per quanto l’attuale governo si continui a presentare come quello del cambiamento, ha tuttavia confermato la tangente dei 24 cfu pagata da aspiranti e fiduciosi docenti, forse come indennizzo per le università a cui molto altro è stato tagliato?”.

Per quanto riguarda le prove di accesso poi, sarà possibile sostenerle “per un’unica classe di concorso per ordine di scuola. La modifica della legge di Bilancio non tiene conto della riforma delle classi di concorso del 2016 (D.P.R. 19/2016), la quale prevede che la maggior parte dei titoli di laurea si colleghino a più classi di concorso; la nuova norma calpesta quindi il diritto degli aspiranti a partecipare a tutti i concorsi ai quali hanno diritto perché in possesso dei requisiti”, e anche qualora la prova venisse superata ” i vincitori accederanno all’anno di prova, ma non verrà stilata una graduatoria di idonei non vincitori. Coloro che supereranno le prove, che quindi avranno ottenuto l’abilitazione, ma non avranno vinto un posto, che posizione andranno ad occupare?” Altri temi messi a fuoco dagli insegnanti sono quello della formazione “aspetto pressoché assente nella riforma”; l’anno di prova e la titolarità che ne consegue, dove se da un lato giudicano positivamente il fatto che “dopo l’anno di prova, per il quale è stata ripristinata la possibilità di ripeterlo una seconda volta, si ottenga una titolarità non più su ambito, ma su scuola”, tuttavia non condividono “l’imposizione di un vincolo di quattro anni rispetto alla scuola ottenuta”; la formazione degli insegnanti di sostegno, poichè “l’altissimo numero di precari che ricoprono posti sul sostegno richiede una pronta risposta in merito alla formazione e all’assunzione di personale docente specializzato”.

In sintesi la richiesta dei precari è che si attui “una regolarizzazione dei precari che abbiano maturato tre anni di servizio attraverso un concorso riservato non selettivo e che tale diritto sia garantito in maniera continuativa fino alla stabilizzazione di tutti i precari della scuola. Pertanto rivendichiamo che le graduatorie d’istituto di III fascia si trasformino in graduatorie provinciali con l’eliminazione del limite delle 20 scuole e che, una volta maturati tre anni di servizio, si possa accedere al ruolo (sul modello delle attuali Graduatorie ad esaurimento). Una risposta ai precari va data”.