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Al Pride? “Segui l’unicorno!”

Appello di Smaschieramenti, Consultoria e Atlantide per uno spezzone trans*transfemminista queer al corteo di domani. Dagli organizzatori della manifestazione solidarietà a Xm24 e Làbas. Il punto di vista critico del Mit verso la manifestazione.

30 Giugno 2017 - 15:32

“Noi siamo la popola nomade e alien*, siamo l’unicorno di Troia e di troie, favolose e indecorose spezzeremo dall’interno l’ingranaggio di un potere che non ci avrà!”. Si presenta così lo spezzone trans* transfemminista queer che domani parteciperà al corteo del Bologna Pride: a dare appuntamento alle 15 in piazza dei Martiri sono Laboratorio Smaschieramenti, Consultoria transfemministaqueer e Atlantide. Il comunicato, che prende le mosse da una grafica scelta dagli organizzatori del Pride in abbinamento allo slogan “Spazio all’orgoglio”, comincia così: “L’astronauta del Bologna Pride ci osserva: non sappiamo chi si nasconda sotto il suo scafandro, ma sappiamo che non si è spogliato dal privilegio della protezione e della forza, né delle retoriche coloniali della conquista e dell’annessione di nuovi territori inesplorati. L’astronauta ci parla: scimmiotta la nostra lingua, parla di spazi, autogestione, unicorni, ma non capisce il nostro accento marcato. Pare disorientato, con la sua bandierina rainbow e sopra le due torri, mandato a mettere al bando ogni popolazione aliena e a territorializzare il simbolo svuotato delle lotte frocetrans. Forse ha già capito che il satellite dell’amore continua a girare e forma un’ellissi troppo eccentrica per il suo casco sferico, che solo seguendo l’unicorno ci si potrà addentrare in questa space oddity!”.

Continua l’appello: “Abbiamo molti problemi, Houston. L’ultimo, solo mercoledì sera, proprio nei giorni in cui il governo della città ha confessato di non avere la più pallida idea di cosa farsene del Cassero. Quello di Porta Santo Stefano, obviously, sgomberato il 9 ottobre 2015 e restituito alla polvere dopo 17 anni di Atlantide. Di quel vuoto, ha lasciato che si approfittassero quaranta fascisti. Protetti da un cordone di polizia che aveva appena menato i compagn* di Labas, sullo sfondo del muro voluto dal Re Murala per mettere a bando transfemministe queer e punks, hanno intonato ‘boia chi molla’ e altre amenità a mano tesa, rivolgendosi contro compagne e compagni del Berneri. La perfetta rappresentazione plastica dell’unico rilevante risultato politico e sociale che la gestione degli spazi di proprietà pubblica di questa nuova vecchia giunta, che ha anche il coraggio di definirsi ‘femminista’, è riuscita ad ottenere: via le femministe le froce e i punks e spazio ai fascisti! Che orgoglio. Ma noi siamo aliene e preferiamo seguire l’unicorno. Ma l’unicorno dov’è? Scalpita nell’orgoglio di froce, lelle e trans*, di soggettività eccentriche e precarie; nell’impossibilità di lasciarsi assorbire in modelli di vita e logiche di potere costruite per reprimerci, nella costruzione e difesa di spazi di autodeterminazione, dove poter esprimere e tra(n)sformare i nostri desideri, i nostri bisogni e la nostra sessualità a partire da noi stess*. Nel rifiuto della rispettabilità, della normalizzazione o di un passing normativo, del controllo e dell’autocontrollo in nome della promessa di riconoscimento. Ma l’unicorno dov’è? Era all’Atlantide e in tutti gli spazi occupati e autogestiti, come Xm24, dove altre aliene resistono all’esproprio di ciò che è comune ad opera dei conquistatori. L’unicorno salta nella Consultoria transfemministaqueer, dove ci riappropriamo di salute, benessere, piacere e di corpi in relazione contro il potere biomedico, contro la logica gerarchica dei servizi, perché sappiamo che il servizio che le istituzioni vogliono costringerci a offrire non è nient’altro che il nostro lavoro capitalizzato di cui si appropriano. L’unicorno scalcia contro il decoro: il Pride non è sfilare sulla passerella coperte con vestiti che non possiamo nemmeno permetterci, solo per sembrare decorose, per essere accettate da Luxuria. Combatte con il suo corpo eccentrico il decoro urbano imposto dal decreto Minniti-Orlando, che viene usato per espellere trans, lavoraori/ici/* sessuali, corpi fuori norma, migrant* e clandestin* e per togliere agibilità politica alle lotte sociali. Alle lotte di chi vive condizioni materiali precarie, come molt* di noi trans, lesbiche e gay”.

La conclusione dell’appello: “Per questo non possiamo diventare modello per la civilizzazione, non vogliamo partecipare alla retorica della conquista di nuove frontiere se non siamo capaci di abbattere quelle che ci sono già – quelle dei nostri privilegi, del privilegio bianco, della classe, della cittadinanza, del binarismo. L’astronauta è mandato dall’Impero per cacciarci o costringerci ad essere brav* cittadini*, lavorator* di successo, consumator* mirati, mogli e marite, madri e padri. In cambio di protezione vuole fare di gay e lesbiche un’immagine modello di civiltà per propagare razzismo e lotta al degrado, per colpevolizzare la miseria e la povertà. Ci impone di riporre nel privato la nostra indecente diversità e diventare persone normali. Ma i nostri corpi, sessualità e generi eccedono, non saranno l’arcobaleno sul vessillo dell’Impero. Noi siamo la popola nomade e alien*, siamo l’unicorno di Troia e di troie, favolose e indecorose spezzeremo dall’interno l’ingranaggio di un potere che non ci avrà!”.

Anche gli organizzatori del Pride, intanto, hanno voluto sottolineare che la manifestazione di quest’anno rivolge la propria attenzione anche al tema dei centri sociali sotto attacco in città. “Sono i giorni dell’ultimatum a Xm24 e ieri (mercoledì, ndr) purtroppo cisono state quelle cariche davanti a Làbas. Il nostro sostegno va a tutte le realtà antifasciste, antisessiste e antirazziste”, ha dichiarato il presidente del Cassero, Vincenzo Branà, presentando alla stampa l’appuntamento di domani. Il corteo partirà dal Cavaticcio alle 15 per arrivare al giardino di villa Cassarini dopo avere sfilato per il centro storico attraverso via Don Minzoni, via dei Mille, via Indipendenza, via Ugo Bassi, via Nosadella e via Saragozza. Si segnalano alcune prese di posizione critiche. Una è quella dei disabili Lgbtq: “La manifestazione ‘inclusiva’ per eccellenza- spiega l’associazione Jump– non è riuscita ad includere fino in fondo le persone con disabilità. Il corteo, infatti, partirà dal parco del Cavaticcio, un luogo davvero poco accessibile, soprattutto per chi si muove in carrozzina”. Che questa sia “una sveglia al Comune perchè la Salara ha bisogno di essere accessibile”, ha risposto il Cassero. Poi c’è il Mit, che parteciperà al Pride ma non parlerà dal palco. “La questione trans- ha scritto il Mit in un più ampio documento pubblicato in questi giorni- non va messa in un compartimento a sé stante: non riguarda solo le esperienze di chi trans si definisce, ma investe le visioni e le pratiche politiche di tutte. Da sempre, i movimenti Lgbtiq si sono contraddistinti per la pluralità, la molteplicità e la ricchezza dei dibattiti, delle pratiche politiche, delle battaglie. E l’esistenza di tante associazioni, collettivi, gruppi, realtà, soprattutto nel nostro territorio, ne rappresenta la prova concreta. Eppure, come Mit, continuiamo a chiederci: che spazio e quale riconoscimento si vuole dare alla complessità che viviamo come soggettività trans, e a cui il Mit vuole dare voce? Quali sono le soggettività e i corpi che contano meno e vengono dimenticati e sistematicamente esclusi, sia all’interno dei nostri movimenti che nel mainstream? Ci piacerebbe che questo Pride fosse pieno di domande come queste. Per noi non c’è orgoglio senza queste riflessioni trasversali. Il Mit non vuole creare fratture o separazioni, ma è parte costitutiva della nostra pratica politica quotidiana porci sempre dalla parte di coloro che vivono ai margini, privat* di dignità perché invisibilizzat*. La rivolta di Stonewall del 1969 partì inizialmente dalle trans, dalle travestite, dalle froce, dalle lesbiche, dalle ricchione, e da tutte quelle soggettività che non avevano scampo. Per noi l’autodeterminazione non è un vezzo o un semplice slogan, ma una pratica politica di affermazione delle nostre esperienze e delle nostre soggettività trans. I nostri corpi sono stati e continuano a essere politici. Sono la nostra fisicità, la nostra visibilità, e la nostra favolosità che ci costringono a resistere alle normalizzazioni e alle assimilazioni. Le nostre azioni, i nostri progetti, la nostra continua creazione di reti sono la prova che lo spirito di Stonewall ancora ci appartiene. E noi quello spirito lo viviamo ancora in tutta la sua forza rivoluzionaria”.